"A Lecce sono diventato uomo", ha affermato Antonio Conte alla vigilia di una trasferta cruciale per le sorti di Napoli e dei pugliesi. Da un lato una squadra che ambisce al massimo: il tricolore, dall’altro una che cerca di evitare il minimo: la retrocessione. In mezzo un uomo che, con la sua storia, lega entrambe le compagini: Conte. Ne parla La Gazzetta dello Sport.


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Conte a caccia del decimo scudetto, ma dovrà superare mamma e papà a Lecce
Conte vuole il suo quinto scudetto da allenatore, ma sarà cruciale la tappa nella sua infanzia
—Decimo: non desiderare la roba d’altri. E ormai, avendone un bel po’ in salotto, perché mai “peccare”? Il primo scudetto, quando era ancora calciatore, Antonio Conte lo vinse spalancando gli occhi, ripensando ai giorni in cui, correndo nel paese del barocco, sognava una vita da mediano. Era l’anno di grazia 1994-95: ventisei anni per lui da festeggiare, e fu in quel momento che si schiuse un mondo davanti a sé. Madame, la compagna di una vita, lo introdusse nell’establishment e gli spalancò quell’universo dorato. Da calciatore arrivarono cinque scudetti, e poi, mettendoci le mani da allenatore, Conte ne conquistò altri quattro in panchina. Però stavolta, tornando a Lecce, a casa sua, la mente lo trascinerà in quei pensieri spettinati di un’infanzia dolcissima, piena di favole in cui un giorno si può diventare principe azzurro. "Sono leccese, sono diventato uomo a Lecce, resterò sempre fedele ai sentimenti che mi legano alla città dove vivono i miei genitori e torno spesso. Io al Via del Mare ci sono cresciuto".
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