Ottavio Bianchi ha rilasciato una lunga intervista alle pagine de La Gazzetta dello Sport in cui ha raccontato alcuni aneddoti legati a Napoli e Maradona. A seguire un estratto delle sue parole.


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Bianchi: “A Napoli ho imparato la più grande lezione. Vi dico una verità su Diego”
Bianchi: "A Napoli ho imparato la più grande lezione. Vi dico una verità su Diego"
—Voi a Napoli avete vinto lo scudetto, il primo. Con la figlia Camilla, giornalista, ha scritto la sua biografia: “Sopra al vulcano”. Cosa è stata Napoli?
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«Sono nato a Brescia, vivo a Bergamo da 50 anni, ma la vera lezione di vita l’ho ricevuta aNapoli: 13 anni, prima giocatore e poi allenatore. Napoli è bellezza, è gioia. Sono stato bene perché i napoletani mi hanno accettato, non hanno cercato di cambiarmi».
Avrebbe voluto essere diverso?
«No, non ho mai desiderato cambiare, ho convissuto con i miei difetti e con gli anni ho acquisito una buona autoironia. Checché ne dicano, sono sempre riuscito a sorridere».
La sua arma vincente?
«La normalità. Le mie armi erano quelle delle persone normali».
È vero che Achille Lauro le disse: “Guaglio”, m’avevano detto che tenevi la capa tosta”?
«Sì, al primo incontro da giocatore. Poi sono andato via perché mi hanno fatto passare per sindacalista. Sono tornato come allenatore e, nel 1987, abbiamo vinto il campionato».
Tecnico del primo scudetto, di una Coppa Italia e della Coppa Uefa. Nessun allenatore, a Napoli, ha vinto quanto lei. Però molti dicono: lo scudetto di Maradona. Solo Diego?
«L’abbiamo vinto insieme. C’erano anche Bagni e Ciro Ferrara, c’era “anche” il collettivo e l’organizzazione di gioco. Diego in campo, è inutile che lo dica io, era una leggenda del calcio, molto diverso da come lo dipingevano. Quando lo prendevi da solo era un bravissimo ragazzo, bello da vedere e da allenare. Dicevano tutti che non lavorava, ma non era vero, perché Diego usciva per ultimo, restava per inventare le punizioni. Purtroppo era circondato da una pressione che nessuno penso fosse in grado di sostenere. Fuori non l’ho mai giudicato, non l’ho fatto con nessuno. In campo era una gioia allenarlo».
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