Presidente Ceferin, lo strappo di Boban è lacerante per l’Uefa?
«Lui non merita il mio commento. Chi conosce lui e me arriverà naturalmente alle proprie conclusioni. Il Congresso, e non un singolo individuo, detiene l’autorità per determinare l’adeguatezza di qualsiasi cambiamento. Confidiamo nel nostro processo decisionale collettivo e democratico, per guidarci efficacemente verso il futuro».
Ma lei intende ricandidarsi nel 2027?
«Lo dirò quando arriverà il momento».
Intanto non mancano i problemi, come il razzismo coi casi Maignan a Udine e Palmer a Sheffield.
«Un disastro, una vergogna. Ma non possono essere solo gli organismi calcistici a intervenire. Devono farlo i governi nazionali. Questi comportamenti idioti nascono a casa e a scuola. Vanno estirpati alla radice: è un tema educativo».
L’uscita dal campo di Maignan a Udine non può essere l’inizio di una nuova era?
«Per ora questa è principalmente una nuova era in cui il populismo e l’estrema destra puntano al potere in tutta Europa. L’Italia dovrebbe preoccuparsi del razzismo. Noi possiamo punire i club e chiudere gli stadi, ma non siamo la polizia. In Croazia hanno arrestato due razzisti e li hanno incarcerati e banditi dagli stadi».
Lo 0-3 a tavolino per le squadre dei tifosi razzisti?
«Ma i razzisti non sono tifosi, sono idioti che usano gli stadi per la loro ideologia: non si preoccupano di danneggiare i club. Vogliono creare problemi».
I social media alimentano gli odiatori.
«Grazie all’anonimato. Rispolvero Eco: prima potevano farlo al bar davanti a un bicchiere di vino, ora si sentono dei Nobel. Però possano boicottarli, trovare i loro account. Il sistema di monitoraggio Uefa funziona».
La seconda parte della sua presidenza non sta filando liscia.
«Sono maledettamente stanco: il Covid, due guerre, la Superlega, i guai finanziari dei club. Viviamo tempi pazzi. Spero in 2-3 anni di pace e calma, di unità tra club, Nazionali, Federazioni, Uefa e Fifa. Il caposaldo è il modello europeo, con pari diritti per ogni club. Abbiamo incontrato alcuni club della Premier: vogliono mutuare il modello del nuovo fair-play finanziario, che entrerà a pieno regime la prossima stagione».
Da avvocato, ammetterà che la sentenza della Corte di giustizia europea su Superlega e monopolio Uefa è stata una sconfitta per voi.
«Nient’affatto. Ripeto che il press officer ha confezionato un comunicato diverso dalle parole della sentenza: un pacco ben infiocchettato per i nostri oppositori, ma dentro non c’era nulla. La Superlega è contro ogni logica del calcio. E se nessuno la vuole, nessuno la fa».
Reichart, il Ceo di A22, ha presentato 3 nuove leghe e partite gratis al video.
«Per il Ceo di A2, che rappresenta appunto solo 2 club, mi rifaccio a Tebas, presidente della Liga: è un Copperfield, un illusionista delle parole».
Non teme che altri seguano Real e Barça?
«No, la stabilità dei club è garantita dalle competizioni Uefa. Il 100% dei club tedeschi, inglesi e francesi, il 90% degli spagnoli, anzi tutti tranne 2, e l’80 % di quelli italiani si sono pronunciati pubblicamente contro la Superlega: è difficile organizzare una competizione senza tutti questi club».
Il rapporto con i club italiani e in particolare con la Juventus?
«Solo 2 club in Serie A non ci hanno appoggiato, e tra questi non c’è la Juventus. I dirigenti del calcio italiano stanno facendo del loro meglio».
L’organizzazione congiunta con la Turchia di Euro 2032 non è segno di debolezza?
«No, è un ponte tra culture, religioni e Paesi non così lontani. Bisogna essere realisti: non è semplice fare 10 stadi. Già 5 sono un bell’impegno, ma il tempo c’è. Vorrei ringraziare il presidente della Figc Gravina per la sua straordinaria collaborazione e per tutto ciò che sta facendo per il calcio italiano ed europeo».
Nel frattempo le nuove generazioni guardano solo gli highlights.
«No, i dati ci dicono che i bambini seguono sempre più il calcio. Sarà fantastica la nuova Champions a 36 squadre. E prima sarà fantastico l’Europeo in Germania, viste capacità organizzativa e infrastrutture».
Perché l’Uefa ha accettato il Mondiale per club 2025 a 32 squadre, con un mese di partite e di infortuni potenziali?
«Non è certo l’ideale, ma l’hanno voluto i club. La cosa più importante è che si farà ogni 4 anni, anche se non è il massimo giocare la finale di Champions e la settimana dopo un torneo di un mese, in un altro continente”.
Come può esserci ancora spazio per favole come l’Atalanta in Champions?
«Col nuovo fair-play finanziario. Quando spuntò fuori il progetto Superlega, dissi che l’Atalanta era un esempio virtuoso. Il nuovo FFP, col limite del 70% degli introiti reinvestiti in stipendi, agenti e mercato, è la strada corretta. Infatti chi ha speso il 200% ora è nei guai».
Quando sarà pronto il nuovo regolamento sulle multiproprietà?
«Ci stiamo lavorando. Non possiamo g fare finta che le multiproprietà non esistano o che i nuovi investimenti non siano un bene. Ma è complicato regolamentare, specie con i fondi speculativi, dei quali non si conoscono gli investitori: possono essere migliaia. Per noi conta come viene percepito il calcio dal pubblico: è solo la credibilità che ne aumenta il valore. Servono linee guida rigorose».
Quali?
«Una piccola squadra come il Sassuolo può battere l’Inter, ma se hanno la stessa proprietà possono nascere dubbi. Serve chiarezza e noi la abbiamo: il Real Madrid ha vinto la Champions, pur essendo in conflitto con noi. È questo che dà credibilità a un’istituzione».
Torniamo all’accusa di volere cambiare le regole sul tetto dei tre mandati, per garantirsi un governo illimitato.
«La questione non è legale, ma fattuale e non influisce sull’eleggibilità di nessun membro del Comitato Esecutivo, me compreso. L’obiettivo non è di estendere il limite di mandato, ma di correggere una disposizione non valida, mai approvata dalle 55 federazioni dell’Uefa durante il congresso di Bratislava 2018. La modifica proposta vuole semplicemente salvaguardare il principio legale che la retroattività non dovrebbe essere applicata».
E l’abolizione del tetto dei 70 anni di età nel comitato esecutivo, tra gli altri per il vicepresidente Gravina?
«Quel tetto è discriminatorio. A 70 anni ormai si è in buona forma e spesso più competenti e saggi di gente più giovane. Certamente si ha più esperienza».
La sua ambizione è entrare prima o poi in politica, in Slovenia o in Europa?
«Lo sento dire da 10 anni. Mai dire mai, nella vita, ma non penso che sia una cosa per me».
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