Dopo, il Napoli.
"Ferlaino mi chiese di comunicare a Maradona la squalifica per uso di cocaina. Andai a casa sua, gli parlai, Diego si portò una mano sul fianco e disse solo 'Non è possibile…', con una smorfia di dolore fisico sul viso che non dimenticherò mai".
E il periodo alla Juve?
"Le racconto un aneddoto. Eravamo ad Atene per Olympiacos-Juve di Champions. Non un momento brillantissimo, ci giocavamo la qualificazione ma stavamo perdendo. Ancelotti mi dice che vuole mettere Fonseca al posto di Conte, io pasticcio con la lavagnetta e perdo tempo. Il mister si arrabbia, il cambio ritarda… e Conte fa gol. Mi giro verso Ancelotti: 'Ah Carlé, t’avevo detto d’aspettà!'. Ebbi involontariamente ragione".
E fu lei a lanciare Conte allenatore…
"Lo consideravo un predestinato. Era il capitano della Juve, a centrocampo giocavano lui, Deschamps, Davids e Zidane, ma Antonio si imponeva sui campioni attraverso il carattere. Così pensai che sarebbe diventato un grande allenatore. Ma la mia grande scoperta da allenatore è un’altra: dopo la finale di Champions persa dalla Roma ai rigori nell’84, sostituii Liedholm con Eriksson. Tutti si ricordano dei suoi successi con la Lazio, ma in Italia lo portai io".
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