Sulla sua carriera
—Concetto Lo Bello? Non l’ho mai conosciuto purtroppo, perché ero molto giovane. Qualche anno fa ho avuto la fortuna di andare nella sua città per ritirare il Premio Lo Bello e capì la grandezza di questo personaggio. Lo vedevo all’opera tramite dei filmati, ma la sua grandezza la percepì lì ed è stato qualcosa di incredibile. Non mi occupo di Open VAR, quindi non conosco la materia, ma credo che sia utile per la trasparenza. La nostra associazione ha sempre puntato alla trasparenza, ammettendo sempre gli errori ed evidenziando la possibilità di migliorare. Ritengo, però, che bisognerebbe tante volte dire anche quando gli arbitri fanno bene e non solo quando fanno male. Si parla troppo spesso degli arbitri solo quando si commettono errori. Perché ho voluto fare l’arbitro? Un ragazzo un giorno mi disse “prova a venire a fare l’arbitro, perché non potrai mai capire cosa significa se non lo hai mai fatto”. Tornai a casa e dissi a mia madre che sarei arrivato in Serie A. La presi un po’ come una scommessa.
Sul VAR
—Odiavo il VAR? Assolutamente no. Mi arrabbiavo con me stesso quando andavo allo schermo, perché sapevo di essermi perso qualcosa. E quindi poi analizzavo per correggere il mio posizionamento, al fine di non arrivare ad usare il VAR. Ma non perché non sia utile, attenzione, ma piuttosto perché usarlo vuol dire aver commesso un errore o essersi perso qualcosa. Io ho vissuto tutti i passaggi epocali e le innovazioni della gestione arbitrale. Posso assicurare che il VAR è una fortuna, perché oggi si può correggere il tutto il tempo reale. Come funziona il mio ruolo? Partecipo agli incontri periodici che fanno gli arbitri e mi prendo del tempo con i ragazzi giovani, vedendo i loro filmati e facendo videocall lavorando sugli aspetti forti e su quelli deboli. È un lavoro a 360° che il presidente Zappi ha voluto fortemente. L’AIA ha messo come punto cardine l’aspetto tecnico.
Sulla sudditanza psicologica e il calciatore del Napoli più difficile da arbitrare
—Sudditanza psicologica? L’arbitro non soffre di sudditanza psicologica. Se sbaglia, sbaglia perché commette un errore. Bisogna capire che come il giocatore commette degli errori, può farlo anche l’arbitro. L’arbitro sbaglia perché è un essere umano, ma scende sempre in campo per cercare di fare del proprio meglio. Calciatore del Napoli più difficile da arbitrare? Ricordo Scarlato in Serie C, io ero giovane e non era facile arbitrarlo. La partita che ricordo con più affetto? Sarebbe facile dire la finale di Champions League, ma quando feci la mia 200esima gara in Serie A, in un Chievo-Bologna, entrai in campo con i miei figli e non lo dimenticherò mai".
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