Come mai?
«Quando funziona tutto può battere chiunque. Sono veloci e fanno bene il pressing. Possono essere letali in contropiede perché sanno rendere il campo molto stretto. Non ti fanno giocare e ti pressano alto».
La stella?
«Non si può dire che solo uno sia il pericolo perché il collettivo è il loro punto di forza. Burkardt è certamente un attaccante molto forte, ma non è in grado di vincere le partite da solo. E soprattutto mi sembrano una squadra debole di testa, possono prendere anche 3 o 4 gol in una sola partita».
Consigli per il Napoli?
«Giocare subito a mille fin dal primo minuto. Perché se li metti sotto pressione vanno in difficoltà. Il vero punto debole è certamente il portiere e infatti lo cambiano spesso».
Cosa ci può dire dell’allenatore?
«Toppmoller è molto bravo. Io lo conosco da quando era piccolo, perché suo padre mi ha portato a Francoforte. Il DNA del papà era quello di un grande centravanti. Mentre Dino ha altre caratteristiche: sa parlare con i giocatori e fa crescere bene i giocatori. Quando era collaboratore di Nagelsmann al Bayern ci vedevamo spesso a Monaco dove vivo perché ci conosciamo bene».
A proposito, cosa si dice in Germania di questo Napoli?
«Viene molto temuta come squadra. È considerata una delle top in Italia e non solo. C’è tanto rispetto per il Napoli».
Lei fu l’eroe della doppia finale di coppa Uefa del 1989 contro il Napoli, ma oggi cosa fa Maurizio Guadino?
«Da oramai 16 anni faccio il caffè».
Il caffè?
«Sì, insieme a mio fratello Peppe abbiamo una linea di caffè che si chiama Mauri&Peppe e lo distribuiamo in ristoranti, hotel e non solo in tutta la Germania».
E il calcio?
«Ci sono ancora dentro: un po’ come procuratore e un po’ come dirigente di alcuni club giovanili».
A distanza di anni, però, lei qui a Napoli è sempre il Gaudino dello Stoccarda.
«E ne vado fiero. Basti pensare che ancora oggi quando vengo a Napoli dovunque vado mi chiedono di quella partita. “Mi sembra Gaudino, quello che ha segnato il gol al Napoli”, mi dicono tutti quelli che mi riconoscono, perché non se lo è dimenticato nessuno».
Insomma, è una celebrità.
«Per dirne una: qui in Germania ho ricevuto tantissime richieste dai tifosi di Francoforte che speravano di poter avere i biglietti per la partita di domani tramite me. Ma ho dovuto dire no a tutti. È davvero impossibile, gliel’ho spiegato».
Momento amarcord, che ricordi ha di quella giornata della finale di ritorno di coppa contro il Napoli?
«Si potrebbe riassumere così: perder la finale di coppa Uefa ed essere felici. Dovrebbe essere una cosa che capita a tutti, ma capisco che sia impossibile. Sono nato in Germania ma tutta la famiglia viene da Napoli e mia mamma, che festeggiava proprio quel giorno il suo compleanno, aveva detto: “Mio figlio deve fare gol e il Napoli deve vincere”. Così andò, per altro abbiamo perso contro Maradona. Ricordo che gli spettatori mi hanno dato i fiori prima della partita e mi hanno trattato come un figlio. Non cambierei nulla di quella partita».
Il ricordo più bello?
«Ho scambiato la maglia con Maradona e con la mia divisa è andato a fare le interviste: è stata una emozione indescrivibile».
E oggi dove sta quella di Maradona?
«Ce l’ho conservata gelosamente . Ogni anno ricevo offerte da molte persone che la vogliono comprare, ma certe cose non si vendono. Non ha prezzo per me. Ho giocato contro di lui ed ero suo tifoso. Prima della partita a Napoli gliela avevo chiesta e lui mi rispose “Le scambiamo a
Stoccarda”».
Ma come fece ad ottenere proprio la maglia di Diego?
«Da buon napoletano mi ero mosso prima di tutti, addirittura nella partita di andata. E così a Stoccarda, quando tutti i miei compagni corsero da lui, gli rispose che non poteva dargliela perché l’aveva già promessa a me».
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