È vero che il Napoli stia salendo di condizione, ma non è altrettanto vero che, quando veniva schierato con i cinque centrocampisti – quel 4-1-4-1 – c’era meno spazio per esprimere le qualità atletiche e anche meno soluzioni offensive?
“Sì. Dopodiché, quando torneranno gli infortunati, secondo me si tornerà a quel tipo di assetto, perché alla fine i migliori undici li devi mettere in campo. Lo so che dico una banalità, e non sono un giornalista sportivo ‘vero’, per fortuna mia. È chiaro che con questo Napoli ‘Peperino’, con le due ali e il centrocampo a tre, si creano altri spazi. Però quando tornano tutti, voglio vedere come fai a non metterli. Magari ci saranno accorgimenti, magari ci saranno rotazioni più avanti nella stagione. Ma è chiaro che poi farai giocare tutti. È giusto così: oggi il modulo è perfetto per gli uomini che hai, ma quando ritornano i titolari tornerai all’assetto iniziale, avendo però la possibilità – in corso d’opera – di cambiare modulo se hai bisogno di qualcosa di diverso”.
Neres sta dando delle vibes da Lavezzi?
“Sì. Mi ricorda molto il Pocho. Deve ancora uscire del tutto, ci mancherebbe, non voglio anticipare cose enormi… ma è un calciatore che, se non lo costringi a stare sul binario, dà il meglio. Non gli devi dire: ‘vai su e giù sulla stessa corsia’. Lascialo accentrarsi, sbagliare. La tecnica è quella. Guarda il gol di ieri: sembra facile, ma non lo è. Il portiere lo sfiora, lui lo supera di due centimetri e fa quel tocchettino chirurgico in corsa. Veramente molto, molto bene”.
Era così difficile capire che, mettendo un assetto più spregiudicato, con le ali che tu stesso avevi scelto si poteva essere più propositivi fin dall’inizio? C’era bisogno di arrivare a mezza squadra fuori per infortunio?
“Sì, ma all’inizio hai vinto comunque, eri lì in classifica. Però, se mi chiedi cosa preferisco, io voglio vedere Neres, voglio vedere Lang, voglio vedere chi salta l’uomo, e voglio vedere alternanza sulle fasce, come fanno tutte le grandi squadre. Si gioca ogni tre giorni: alterni, uno fa la Coppa, uno il campionato, o anche nella stessa partita cambi. Ci siamo lamentati per un anno e mezzo che Politano non avesse sostituto. Ora ce ne sono due. Va benissimo così”.
Vedendo la confusione arbitrale a Milano, lei non ha paura di questo Milan?
“No. Il Milan non mi fa paura. Perché secondo me di giocatori davvero da scudetto ne ha due: Pulisic e Leão. Però quello che è successo è stato vergognoso. Non puoi mandare un arbitro così giovane e inesperto a una partita che si sapeva sarebbe stata combattuta. Allegri è un fiume in piena, e infatti si è preso l’espulsione pur di orientare la scelta. Ma quell’arbitro, su quel tipo di tocco, non può chiamare nulla. Però, una volta che ci vai, è rigore: al monitor non puoi più non darlo. È vero che sono venti centimetri… ma quel pallone va verso la porta. E ci hanno messo sette minuti per trovare una giustificazione. L’Aia mi sembra un sistema alla Palamara. L’associazione arbitri è un manipolo di correnti, amicizie, faide interne. E non va bene. Dovrebbe uscire l’audio del VAR. Lo metteranno? Di solito sì. Lo pubblicheranno a puntate, visto che ci avranno fatto una chiacchierata di un quarto d’ora. È stato vergognoso. Non tanto per il rigore in sé – che, su venti centimetri, può anche non starci – ma per il casino che hanno combinato. Vergognoso. Quando c’è troppa confusione, è normale che si pensi molto, molto male”.
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