Grazie a lei Diego si riconciliò con suo figlio. «Sì, me lo chiese Diego Junior. Suo padre venne a trovarmi a Fiuggi, lo portai sul campo da golf e glielo feci incontrare. Li lasciai soli, li guardavo da lontano, seduti a parlare per oltre un’ora, e sorridevo. Maradona fu un galantuomo, avrebbe avuto tutto il diritto di fregarsene. Invece ha riconosciuto suo figlio, che oggi è un uomo felice».
Maradona ispirò anche il suo gol più bello. «A Budapest, in Coppa dei Campioni. Lancio di Diego da centrocampo, tacco al volo mio per Careca, palla di ritorno, controllo e sinistro in rete. Ci capivamo all’istante, è bello pensare che parlavo la stessa lingua di Maradona e Careca».
I sogni di quel Napoli, 1990-91, si sbriciolarono contro lo Spartak Mosca. «Un confronto stregato, presi traversa all’andata e palo al ritorno, un altro palo lo prese Francini, se fossimo passati avremmo incontrato il Real in crisi, c’era tutto per arrivare in altissimo. Ma lì il problema di Diego iniziò a emergere, insieme alla sua instabilità. Partimmo per Mosca senza di lui, ci raggiunse con un volo privato, litigò con Bigon che non lo fece giocare, Moggi prese le parti della società...».
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