La mia parola chiave che userò coi ragazzi? Quello che ho sempre detto e cioè che l’identità non la dobbiamo mai perdere: quel credo calcistico, l’organizzazione che ci ha portato fino a qui, con adattamenti a quello che è una finale, massima percezione del pericolo, concretezza, i dettagli da curare, l’attenzione a livello individuale e se devo utilizzare una parola dico furore, furore agonistico: quello non deve mancare mai. Quando sono arrivato a Firenze poter pensare di presentarmi due volte di fila davanti a una platea del genere non era nemmeno nell’anticamera del mio cervello: ora abbiamo la possibilità di raggiungere una gioia immensa e la vogliamo raggiungere.
Nove squadre italiane in Europa? Abbiamo anche questa responsabilità, da quando sono nel calcio una cosa così non l’ho mai vista e quindi faremo di tutto per vincere anche per i nostri amici di Torino.
Come fermare El Kaabi? Abbiamo portato dei lucchetti, delle catene. A parte gli scherzi, sia lui che la squadra hanno fatto un grande percorso, come noi del resto che arriviamo alla finale da imbattuti. Lui sta segnando con regolarità: è pericoloso in area, fuori area, attacca la profondità, quindi abbiamo studiato qualcosa. L’Olympiakos ha già vinto qui? Non la sapevo ed è un altro pericolo aggiunto a tutti gli altri: ma quando si scende in campo tutto passa in secondo piano e si dimentica tutto. Sì, loro giocano nella città in cui vivono ma lo stadio sarà metà e metà. Vero che loro non hanno viaggiato come noi, hanno lavorato a casa ma appena scendi in campo vincerà chi avrà più fame e fuoco. L’Olympiakos è un ottimo avversario ma abbiamo studiato e speriamo di avere la meglio.
Il futuro? Il telefono è spesso spento, è silenzioso e adesso non mi interessa sentire altro che la finale, sarebbe il coronamento di annate in cui si è costruito tanto”.
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