In che senso, Ghoulam?
«Ero fra i più forti e, oggi posso dirlo, su di me c’erano i più importanti club al mondo. Vivevo il momento ma pensavo al futuro. Avere avuto la fortuna di incontrare Koulibaly mi ha aperto due strade, quella, emotiva: è un fratello. E l’altra professionale. Oggi siamo soci in affari immobiliari. Lui è la mente del sodalizio. Io vado in giro. Kouly è la fortuna più grande che mi sia capitata… Pensare che neanche volevo conoscerlo!».
Ci racconti.
«Il primo anno di ritiro col Napoli in Trentino: arrivai qualche giorno dopo tutti gli altri. Dissi al team manager che volevo la stanza da solo. Ho le mie abitudini, al mattino prego. Non mi andava di dare fastidio a chi invece dormiva. Lui mi disse che avrei condiviso la camera soltanto la prima sera, poi mi avrebbero accontentato. Entro in camera e trovo Kouly a pregare, fu amicizia, fratellanza a prima vista. La spiritualità è qualcosa che avverti, la senti».
Una vita fa, oggi soci a distanza?
«Si può fare perché negli anni abbiamo stabilito un forte legame, fatto di piccole e grandi cose. A Napoli nessuno ha mai saputo che uscivamo di sera, camuffati a fare beneficenza. Ad aiutare i senza tetto, a portare da mangiare a chi non ne aveva. Noi per gli altri, io per lui. Oggi basta alzare il telefono per stabilire qualsiasi cosa sulla nostra attività. C’è totale fiducia».
Calciatore silenzioso, adesso parla tanto a Sky.
«Ho la libertà di dire sempre quel che penso. Non faccio sconti, quando c’è da criticare non mi risparmio. Le mie domande ai protagonisti sono però tecniche. Non sono un giornalista, non mi piacciono le imitazioni. Lo studio di Sky mi dà la possibilità di guardare al
mondo dello Sport Industry dalla prospettiva dei media. Prima di accettare ho visto tutto: dalla sartoria alla regia, la direzione sport, i grafici. È incredibile osservare la squadra che c’è dietro a un evento sportivo».
Benitez, Sarri, Ancelotti: tre aggettivi.
«Benitez è completo, Sarri, il più forte che ho mai visto. Ancelotti è la storia italiana».
Conte e le turbolenze nello spogliatoio, come se ne esce?
«C’è un solo modo, i risultati. Conte sa come gestire certe situazioni, ci ha messo la faccia e dalle difficoltà riemerge sempre. Ho fiducia».
Prima volta in discoteca?
«A 22 anni. Dai 12 ai 21 calcio, scuola e basta. Avevo idee chiarissime. O livello top oppure studio e università».
Un ricordo del Natale?
«Vedere gli altri festeggiare, nella mia famiglia è un giorno come un altro. A Napoli pur essendo di religione diversa capivo l’importanza della festività e quindi organizzavamo iniziative in case famiglia e istituti religiosi cattolici».
Il futuro?
«Voglio diventare un manager sportivo a 360 gradi e per questo ho bisogno di acquisire nuove competenze: Coverciano dove ho appena preso il patentino B mi dà la prospettiva degli allenatori. Il master Uefa per i top manager».
Vive tra Parigi e Dubai, perché l’Italia, per formarsi?
«La scuola italiana è la migliore dal punto di vista tecnico tattico come è dimostrato dal successo di tanti allenatori italiani nel mondo».
Dov’è adesso?
«Appunto, a Marsiglia. Studio De Zerbi in campo e Benatia dietro la scrivania, è un mio carissimo amico e d.s. di un grande club. È una squadra dove ci sono tanti italiani, vederli lavorare è pazzesco».
© RIPRODUZIONE RISERVATA



/www.calcionapoli1926.it/assets/uploads/202506/276244da265849a47cb1f4f1d8046481-scaled-e1748773605579.jpg)