Domani Milan-Napoli, una partita che non sarà mai come le altre: negli anni Ottanta era Maradona contro il Trio d’Olanda, Bianchi contro Sacchi, Ferlaino contro Berlusconi.
"Sfide che mi ricordano un presidente che mi stava antipatico e che ora non c’è più. Nulla da dire sul politico Berlusconi, l’imprenditore entrò invece nel mondo del calcio con prepotenza. E non mi piacque".
Dopo il primo scudetto del Napoli il Cavaliere contattò il manager di Maradona per portarlo al Milan: mai arrivata un’offerta?
"Mai. Perché Maradona non era in vendita. Berlusconi lo sapeva e, ovviamente, lo sapeva anche Diego, a cui io e i napoletani siamo rimasti legatissimi pure a distanza di tanto tempo. Immaginarsi allora...»
Primo Maggio dell’88, la sfida col Milan che non avrebbe mai voluto giocare (e perdere).
"Devo fare uno sforzo di memoria. Se ne sono dette tante, però mai ho pensato che i calciatori giocassero contro l’allenatore. Abbiamo perso uno scudetto contro il Milan e un
altro lo abbiamo vinto, mi pare. Faccio un nuovo sforzo di memoria".
Primavera del ‘90, stavolta il sorpasso fu del Napoli. Con la vittoria a tavolino dopo la moneta che colpì Alemao sul campo dell’Atalanta.
"Uscendo dall’ospedale di Bergamo dissi ai giornalisti che lui era così confuso da non avermi riconosciuto... Se Parigi val bene una messa, certamente uno scudetto valeva una balla. Ma avremmo vinto comunque il campionato, andate a vedere la classifica. Certo, furono settimane complesse. Per fortuna trovai un alleato forte".
Cosa accadde?
"Berlusconi aveva un enorme potere mediatico e fece una campagna sulle reti Fininvest in favore del Milan. Ma a sostenere il Napoli vi fu Biagio Agnes, il grande manager della Rai, avellinese e nostro tifoso. E riuscimmo a regalare un’altra gioia al popolo napoletano. Io devo molto ai napoletani e al Napoli. Prima di diventare presidente nel 1969 ero abbastanza viziato e guidare il club calcistico, un simbolo della città, mi ha educato".
Domani la sfida contro il Milan. Da capolista. È cambiata la geografia calcistica in questi anni
"E come non esserne lieto? Mia madre era milanese però Milano non mi è mai piaciuta. Le partite a San Siro sono state spesso dure e, quando arrivava un risultato positivo, era una gioia doppia perché sapevamo tutti quanto contasse una vittoria per i nostri tifosi, quelli di Napoli e quelli che erano stati costretti a trasferirsi al Nord per ragioni di lavoro. La tifoseria era e resta un sostegno
fortissimo per la squadra: si è visto anche nell’ultima partita con il Pisa, quando vi è stata un po’ di difficoltà nel finale di una gara vinta con merito".
Ricorda Allegri calciatore del Napoli, una manciata di partite nella squadra che retrocesse
con 14 punti nel 1998?
"Sinceramente no. E preferisco cancellare il ricordo di quella stagione".
Le sarebbe piaciuto Sacchi, il rivale dei magnifici anni ‘80, sulla panchina del Napoli?
"No. Troppo milanista".
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