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De Agostini: “Ho avuto un tumore allo stomaco. Con Vialli ci siamo aiutati a vicenda”

De Agostini e l'aneddoto con Vialli
L'ex calciatore della Juventus si è così espresso su diverse tematiche, tra cui un aneddoto con l'ex attaccante della Sampdoria
Angelo Salzano

Gigi De Agostini, una delle icone del calcio italiano, ha vissuto una carriera straordinaria, fatta di successi, emozioni e sfide. Oggi, più che mai, la sua vita è un esempio di resilienza e passione. In questa intervista, De Agostini ci racconta la sua storia, dai primi passi nel mondo del calcio fino alle difficoltà personali che ha affrontato con determinazione, come la lotta contro il tumore che lo ha visto risorgere più forte di prima. Parla anche dei suoi ricordi indimenticabili con i grandi campioni con cui ha condiviso il campo, e della sua vita familiare, oggi dedicata all'insegnamento alle nuove generazioni nella De Agostini Academy. Un racconto sincero, che attraversa il calcio e la vita, con la tenacia e la forza che hanno sempre contraddistinto Gigi. La Gazzetta dello Sport.

De Agostini, l'intervista a la Gazzetta dello Sport

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“Cinque anni fa sono stato operato, tumore allo stomaco. Ora sto meglio, ogni sei mesi faccio i controlli, ma sono vivo, ed è l’unica cosa che conta. Lo sapevano i miei familiari e alcuni amici stretti, come Tricella e Vialli. Con Luca, poi, ci siamo supportati a vicenda, abbiamo fatto le stesse cure. Mi manca molto Luca, era una persona straordinaria".


Gigi, come hai vissuto la tua infanzia e la tua famiglia? "Sono nato a Udine, cresciuto a Tricesimo in una famiglia legata al calcio. Mio padre Claudio era fornaio e contadino, ma a casa si respirava calcio. Abbiamo sempre giocato a pallone in cortile, con i miei fratelli e mio cugino Stefano, che anche lui ha fatto il calciatore".

Il tuo debutto in Serie A è avvenuto con l’Udinese, giovanissimo. Com'è stata quella esperienza? "È stato il 23 marzo 1980. Era una domenica memorabile, non solo per me, ma anche per il calcio italiano. Giocavo con il numero 10, fino a che Enzo Ferrari non mi ha spostato a terzino, dicendo: 'Con il tuo gioco, potresti arrivare in Nazionale'. Mi misi a ridere, eppure è successo."

E alla Juventus, come ti sei trovato? "Nel 1987 sono arrivato alla Juve e mi hanno dato la maglia numero 10, quella di Platini. Per ruolo sarebbe toccata a Marino Magrin, ma Marchesi non voleva gravarlo di responsabilità. Mi diedero la 10 e io risposi: 'A Udine ho indossato la 10 di Zico, posso farlo anche con Platini.' Scherzavo, eh."

Nel corso della tua carriera, hai avuto compagni straordinari. Come descriveresti Zico, Baggio, e Elkjaer? "Zico era un fuoriclasse assoluto, un uomo leale e retto. Ricordo che, prima di una punizione, ci disse: 'Di solito faccio gol, qui prendo sempre la traversa.' Scoprirono che la traversa era troppo bassa. A Catania, dopo un gol di Zico, il portiere Sorrentino alzò le braccia e disse: 'Che ci posso fare?' Baggio è della stessa pasta, un fenomeno. Elkjaer, invece, fumava sigarette fino a pochi istanti prima di entrare in campo!".

Oggi, sei nonno e allenatore. Raccontaci un po' della tua vita familiare e della De Agostini Academy. "Ho cinque nipoti, è un lavoro! (ride) Insieme a mia moglie Odilla e ai miei figli Michele e Sofia abbiamo fondato la De Agostini Academy. Ci sono 130 bambini, facciamo calcio, yoga, danza. Sofia, purtroppo, è stata investita da una macchina quando aveva dieci anni. La sua riabilitazione è stata lunga e difficile, ma ora corre la sua quarantunesima maratona a maggio. Io mi occupo dell'allenamento dei bambini, cercando di trasmettere loro i valori che mi hanno insegnato i miei maestri".

Quali sono le qualità che più ti riconosci come calciatore e come persona? "La tenacia. Una volta, in Nazionale, mi infortunai alla caviglia e Boniperti mi disse: 'Sei un friulano, stringi i denti.' Ho avuto il tumore, problemi al cuore, sono bradicardico e recentemente mi hanno messo un pacemaker. Ma guardo avanti, sempre. Se la vita ti mette alla prova, che friulano saresti se non reagissi?".

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