Qual è il calcio che più ha amato?
“La memoria a breve termine mi suggerisce quello di Spalletti. Uno spettacolo durato una stagione intero. Nel calcio in generale, invece, ripenso sempre a Maradona e a tutte le maglie che ha indossato. Sono affezionato anche ai ricordi di un Brasile che, seppur non sempre vincete, poteva dirsi uno spettacolo, come nell’82. Tanti giocatori di classe che, però, alla fine erano poco produttivi. Nel calcio non bastano soltanto la tecnica e le qualità calcistiche se non sei una squadra capace di mettere tutto in campo. Un discorso che potrebbe essere attinente anche al Napoli di oggi”.
Quali sono gli obiettivi stagionali degli azzurri, ad oggi?
“Credo che l’obiettivo primario sia almeno la qualificazione in Champions. Nonostante il cammino zoppicante, il piazzamento resta assolutamente alla portata. È chiaro, inoltre, che nei prossimi scontri diretti dovrà venire fuori la vera anima della squadra. Il Napoli non può permettersi di perdere ulteriori punti. Il rischio di distaccarsi dalle prime in classifica, e aumentare la concorrenza, diverrebbe notevole. Anche il passaggio del turno in Europa è un obiettivo di prestigio e necessità per club e squadra”.
Oltre all’identità di gioco, crede stia mancando anche la personalità dei calciatori partenopei?
“La squadra è pressoché al stessa dello scorso anno. Il Napoli vincente della passata stagione aveva personalità. Quel che manca, a mio avviso, sono le certezze, la consapevolezza della propria forza che, mesi or sono, era un fattore decisivo per i giocatori. La mancanza di sicurezza, però, può incidere anche sulla convinzione e, pertanto, la personalità degli azzurri”.
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