Oggi inizia Qatar2022, senza l'Italia. Per la seconda volta consecutiva. Il Mattino ha intervistato Fabio Cannavaro, Capitano dell'ultima Nazionale campione del mondo, annus dominini 2006
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Cannavaro: “Qatar2022 triste senza l’Italia. Diritti umani? Tardi per protestare”
Cannavaro: "Sarà triste vedere Qatar2022 dalla tv per l'Italia di Mancini. Diritti umani violati? Spettava alla politica protestare. Ora è tardi"
Ecco quanto evidenziato da CalcioNapoli1926 della bella intervista rilasciata da Fabio Cannavaro al quotidiano partenopeo: «È un Mondiale amaro, triste, senza la nostra Nazionale, penso alle generazioni di bambini che hanno perso il rito di ritrovarsi a casa per vedere la partita dell'Italia. Il mio ricordo da piccolo è Zoff che alza la Coppa del mondo a Madrid, dopo la vittoria in finale con la Germania Ovest. Questo è un evento unico per loro. Il Qatar è il più piccolo dei paesi del Golfo ma da anni le sua politica sportiva ha puntato sugli investimenti stratosferici per gli impianti. Non solo quelli per il calcio. C'è un realtà futuristica, l'Aspire Academy, dove ci sono decine e decine di campi di calcio. È un centro da far invidia a qualsiasi club d'Europa. E in ogni cosa che fanno, loro sono precisi, puntuali. Sono sicuro che sotto l'aspetto organizzativo sarà un Mondiale strepitoso e indimenticabile». Impossibile non fare un passaggio sulla polemica riguardante i diritti umani violati per la costruzione dei nuovi impianti in cui si disputeranno le gare mondiali: «Perché devono protestare i calciatori? Dal 2010 si sa del Mondiale che si gioca lì, ce ne sono stati di momenti in cui i governi o le federazioni avrebbero potuto fare marcia indietro. Nessuno lo ha fatto ed è un compito della politica farlo non dei calciatori. E poi, mica solo il Mondiale di calcio hanno organizzato a Doha negli ultimi anni. I calciatori che stanno lì devono pensare a giocare, a divertire la gente, a fare il loro dovere per lo show. Certo, nessuno di noi è indifferente alle violazioni dei diritti, ma forse ora è tardi per chiedere a chi va in campo, e che deve pensare solo a cosa fare con un pallone tra i piedi, di protestare e pretendere chissà quali gesti. Era un compito che spettava e spetta ad altri».
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