Quanto è importante, a prescindere dai moduli, ritrovare una identità di squadra?
“Bisogna avere fiducia in sé stessi e giocare a calcio come si sa. Tutti parlano di tattica ma il calcio, che è diventato moderno soltanto dal punto di vista fisico, vede nella cattiveria, nella tonicità il suo vero fattore. Nel momento in cui il corpo è tonico, anche la mente lo diventa. È questa l’unica strada da intraprendere. I giocatori devono impegnarsi in un allenamento di massima intensità ed anche massimo divertimento, proprio per lavorare sia sull’aspetto mentale che fisico. Non va dimenticato che stiamo parlando di giocatori forti che hanno bisogno di essere allenati a cento all’ora”
Il mercato di gennaio può garantire nuove energie, soprattutto mentali?
“Parliamo di qualcosa che non riesco a concepire. Non si può pensare che i calciatori, in quanto atleti, non abbiano la carica agonistica, aspettando che siano fattori esterni a garantirgliela. La volontà, il piacere, la carica agonistica, devono tirarla fuori i calciatori. Non posso sentire che abbiano bisogno di ritrovarla. Devono entrare incazzati in ogni allenamento!”
Con l’abolizione del Decreto Crescita crede potremo vedere più calciatori italiani?
“Non cambia niente. Il problema è nostro e non è inerente a questa legge. Dobbiamo insegnare ad essere uomini ai calciatori italiani. Oggi, i giovani hanno mille persone che gli parlano, non leggono nemmeno i contratti. Non hanno idea di che cosa voglia dire ed hanno bisogno di essere formati come uomini. Va cambiata completamente la mentalità. La tattica e la tecnica vengono soltanto dopo. Se non abbiamo degli uomini in campo, dove andiamo? Serve una cultura del lavoro, il rispetto, i valori. A quattordici anni, al Brescia, mi hanno insegnato il rispetto per chi mi paga, la società, e per i tifosi. Leggevo il contratto e sapevo di non poter andare in motorino, a giocare a tennis e tante altre cose. Sapete qual è la cosa peggior cosa? È che, da allenatore, quando entro in uno spogliatoio non mi confronto con dei calciatori, ma con delle aziende. Eppure, parliamo di uno sport di gruppo…”
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