Lei dice che questa settimana è fondamentale, ma Conte non si è presentato a Castel Volturno: perché?
“E questo è un segnale ancora più forte. È come dire: non sto scherzando. Posso anche restare a casa. Volete andare avanti senza di me? È possibile, forse anche probabile. Io sono disposto a fare un passo indietro. Questo gesto è persino più eclatante delle parole dette dopo la partita di Bologna. Pretende una risposta dai giocatori: se lunedì rientra e trova gli stessi occhi spenti, la stessa poca voglia di seguirlo, allora questa settimana potrebbe anche prolungarsi o finire in modo drastico. È una strategia forte per scuotere tutto e tutti”.
C’è chi sostiene che, da uomo di spogliatoio, già da martedì doveva essere a Castel Volturno, anche solo con dieci calciatori. Lei cosa ne pensa?
“Capisco la sensazione, ma, come dicevo, potrebbe essere una mossa studiata proprio per smuovere l’ambiente. È un gesto forte, che vuole un effetto forte”.
Al netto degli alibi, pensa che Conte stia vivendo una prima crisi tattica con questo Napoli?
“Sì, ci sono stati errori. Conte è grandissimo, ma la perfezione non esiste. Gli infortuni muscolari sono troppi: può essere casualità, certo, ma qualcosa è cambiato rispetto all’anno scorso. Probabilmente è stata aumentata l’intensità degli allenamenti, pensando al doppio impegno. Dal punto di vista tattico, l’inserimento di De Bruyne ha complicato le cose: è un campione e va collocato in modo coerente con la filosofia di squadra. Il passaggio al 4-1-4-1 non ha funzionato subito. Qualche certezza si è persa. Il Napoli l’anno scorso aveva meccanismi perfetti, e l’ingresso di un nuovo elemento centrale ha fatto evaporare alcune certezze. Poi, se il gruppo non ti segue, tutto diventa ancora più difficile”.
Lei conosce bene Conte: ha davvero paventato le dimissioni? Come legge la smentita di De Laurentiis?
“Amicizia e conoscenza professionale sono due cose diverse. Io conosco Conte da trent’anni per lavoro, non come amico. Non so se domenica sera abbia rassegnato le dimissioni, ma so che la sua storia parla chiaro: lo ha già fatto alla Juventus, all’Inter, al Tottenham. Conte se ne va quando sente di non poter più lavorare come vuole. Il suo modo di allenare è questo: ti piace o non ti piace, ma lo prendi proprio per quello. Se il gruppo non riceve più il suo messaggio e lui deve alzare l’asticella da solo, subentra la frustrazione. Quindi lo scenario è apertissimo: tutto dipenderà dall’atteggiamento dei giocatori e dal ruolo della società. Quanto alla smentita di De Laurentiis, l’ho letta come una strategia per dire: non sta succedendo nulla, calmiamoci, non facciamo esplodere tutto. Ma la situazione va rimessa in ordine, perché la gara di Bologna è stata un punto di non ritorno. E alcuni segnali negativi, come quelli visti col PSV, sono ferite ancora aperte nel mondo di Conte”.
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