L’Inter parte perciò svantaggiata? «Assolutamente no. Marotta e Ausilio hanno costruito la squadra seguendo logiche semplici: mixando giovani ed esperti, facendo però affidamento su un gruppo di italiani come Barella, Acerbi, Bastoni, Darmian, Dimarco... Un elemento cruciale, perché sono loro che creano il senso di attaccamento alla maglia. Marotta aveva già seguito questo modus operandi alla Juventus e lo ha replicato a Milano».
Intoppi da non sottovalutare? «Per l’Inter sarebbe stato meglio giocare la prima gara a San Siro. Il Barcellona disputerà la partita d’andata come se fosse una finale, con la sua filosofia di gioco. I nerazzurri non devono commettere l’errore di avere un atteggiamento speculativo, pensando che ci sono ancora 90 minuti per ribaltare il risultato. Rischia che poi sia troppo tardi».
È corretto dire che l’Inter per certi versi ricorda il suo Milan: un grande gruppo? «Verissimo. In certi casi deve essere la società a creare il contesto per far rendere al meglio i giocatori. Uno spogliatoio coeso ti spinge a dare di più, a superare ogni difficoltà. Io posso testimoniarlo nella mia duplice veste: da senatore del Milan e da straniero nel vestuario del Barcellona».
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