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Albertini esalta l’Inter di Inzaghi: “Ricorda il mio Milan. Contro il Barcellona…”

albertini inter barcellona
Il fu metronomo di centrocampo conferma la status da "corazzata" per l'attuale formazione nerazzurri: con gli spagnoli, la capolista di Serie A non partirà da sfavorita
Alex Iozzi

Demetrio Albertini, (a breve) ex presidente del settore tecnico della Federazione Italiana Giuoco Calcio (come da egli stesso annunciato), nonché ex calciatore (di ruolo centrocampista), si è concesso per un'intervista ai taccuini de Il Corriere dello Sport. Durante la (lunga) chiacchierata, il fu "metronomo" di Milan e Barcellona ha analizzato, mediante le seguenti dichiarazioni, la duplice sfida europea (valevole per le semifinali dell'edizione 2024/25 di UEFA Champions League) che attende l'Inter di Simone Inzaghi proprio contro la formazione blaugrana, allenata da Hansi Flick.

Quali sono le istruzioni per l’uso per l'Inter in vista della semifinale di Champions League con il Barcellona? «Al di là della tattica, il primo requisito indispensabile in una fase cruciale della coppa è l’attenzione. Molti giocatori dell’Inter hanno già disputato la finale di Istanbul due anni fa e perciò sanno gestire certe emozioni».


Un aggettivo per descrivere il Barcellona attuale? «Una squadra sbarazzina, con i pro e i contro che ne conseguono. Concede qualche occasione agli avversari ma al contempo sa sfruttare la freschezza e l’imprevedibilità dei suoi giovani».

Ci sono affinità fra l’attuale organico catalano e quello in cui ha militato lei? «Con il ritorno alla presidenza di Joan Laporta, il Barcellona ha recuperato quello stile di gioco che si rifà al grande Cruijff. Il fil rouge è rappresentato dal senso di appartenenza che hanno i giovani che escono dalla cantera: in passato c’erano Messi, il mio amico Puyol, Xavi, Iniesta. Ora c’è Yamal, ma dietro di lui Gavi, Ansu Fati, Araujo, Cubarsì. Una generazione di talenti incredibile».

L’Inter parte perciò svantaggiata? «Assolutamente no. Marotta e Ausilio hanno costruito la squadra seguendo logiche semplici: mixando giovani ed esperti, facendo però affidamento su un gruppo di italiani come Barella, Acerbi, Bastoni, Darmian, Dimarco... Un elemento cruciale, perché sono loro che creano il senso di attaccamento alla maglia. Marotta aveva già seguito questo modus operandi alla Juventus e lo ha replicato a Milano».

Intoppi da non sottovalutare? «Per l’Inter sarebbe stato meglio giocare la prima gara a San Siro. Il Barcellona disputerà la partita d’andata come se fosse una finale, con la sua filosofia di gioco. I nerazzurri non devono commettere l’errore di avere un atteggiamento speculativo, pensando che ci sono ancora 90 minuti per ribaltare il risultato. Rischia che poi sia troppo tardi».

È corretto dire che l’Inter per certi versi ricorda il suo Milan: un grande gruppo? «Verissimo. In certi casi deve essere la società a creare il contesto per far rendere al meglio i giocatori. Uno spogliatoio coeso ti spinge a dare di più, a superare ogni difficoltà. Io posso testimoniarlo nella mia duplice veste: da senatore del Milan e da straniero nel vestuario del Barcellona».

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