Sul gesto di Maignan: "La scelta di Mike Maignan di uscire dal campo ha reso tutto più clamoroso, ma non deve essere una reazione di quel tipo ad aumentare il livello della nostra attenzione sul tema del contrasto al razzismo e di tutte le forme di discriminazione".
Sul provvedimento in caso di episodi razzisti: "La partita non si chiude mandando i razzisti fuori dallo stadio”, visto che “c’è un investimento che dobbiamo continuare a fare, a partire dalla scuola, e che produrrà effetti negli anni. Lo stadio amplifica tutto quello che si dice, ma nella penombra delle nostre città succedono tante cose che non rientrano nella cronaca. Mi auguro che quello che la cronaca sportiva offre, anche di negativo, serva a illuminare le zone della società meno illuminate. Per la responsabilizzazione collettiva, ma per la responsabilità individuale. In questo senso, la tecnologia può essere di aiuto per individuare e sanzionare colpevoli. Io non credo nella cultura del 3-0 a tavolino, a meno che la società e lo stadio non dimostrino di essere complici. Da questo punto di vista sono d’accordo con Maignan, perché se siamo silenti diventiamo complici. L’Udinese l’ha fatto, la Juventus l’ha fatto. Al di là del Daspo, il non gradimento consente alla società di non vendere il biglietto alla persona. Questo sforzo collettivo troverà, sono convinto, anche nella riunione di oggi al Viminale una consacrazione in alcune decisioni che riguarderanno la giustizia ordinaria e la giustizia sportiva, o comunque il rapporto tra società e tifosi".
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