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Gattuso si presenta al Valencia: “Questo club nella stessa fascia di Milan e Napoli”

Gattuso fiorentina
Le dichiarazioni di Gennaro Gattuso durante la conferenza stampa di presentazione al Valencia

Raffaele Troiano

Oggi è arrivata l'ufficialità: Gennaro Gattuso è il nuovo allenatore del Valencia. L'ex tecnico del Napoli ha tenuto una conferenza stampa di presentazione dove ha risposto alle domande dei giornalisti. Ecco le dichiarazioni del nuovo manager del club spagnolo riportate da TuttoMercatoWeb.com.

Valencia, Gattuso si presenta: "Milan e Napoli nella nostra stessa fascia"

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Di seguito alcune delle dichiarazioni di Gennaro Gattuso riportate da TuttoMercatoWeb.com:

"Per me oggi è la prima volta che vedo Valencia e il Mestalla. È un orgoglio e un onore allenatore questa squadra ed essere in questo club. Grazie al presidente Peter Lim, alla dirigenza che mi ha dato questa possibilità. Spero che lavoreremo bene. Abbiamo un compito difficile, ma io e il mio staff non abbiamo paura. Per me la squadra non è 24-25 giocatori, ma 55-60 persone che lavorano insieme a noi, tutti insieme. Abbiamo rispetto per tutti, questa è la mia mentalità, ma paura di nessuno. Per me oggi è meglio parlare in italiano perché so che ci saranno molte domande difficile e devo rispondere correttamente. Chiedo perdono per questo, ma è meglio parlare in italiano per il momento".

Sui problemi della difesa del Valencia 

"Da qui comincerà il mio lavoro? Dipende. Se io faccio 80-85 gol e ne subisco 50, ho differenza reti di +35. Se invece ne faccio 50 e ne subisco 50 siamo 0-0. A me piace un calcio in cui si comanda il gioco, palleggiare dal basso. Se subisco tanti gol devo farne almeno il 30-35% in più".

Sulle differenze tra il Gattuso calciatore e il Gattuso allenatore

"Basta vedere che calcio propongo e i miei dati, se facciamo questo paragone c'è una differenza incredibile. Quando giocavo sudavo sempre la maglia, ero sempre a correre. Oggi invece vedo il calcio in maniera diversa. Mi piace che la squadra giochi, mi piacciono calciatori pensanti che sappiano fare molte. Oggi Gattuso allenatore e Gattuso calciatore sono molto diversi. Però nel calcio c'è bisogno del fuoco dentro, la passione, la voglia di soffrire. Come nella vita quotidiana, la differenza la fa chi si allena bene. Io l'ho vissuta per tanti anni così la mia professione. Quando giocavo tante volte sembravo presuntuoso in campo, ma la presunzione me la dava il mio lavoro quotidiano. Ero forte perché non lasciavo nulla al caso e voglio vedere questo nel mio spogliatoio. Nelle squadre che ho allenato finora a volte mi è riuscito, spero di riuscirci anche qui".

Sulle sensazioni per questa nuova avventura

"Quest'anno io non ho voluto lavorare perché non avevo la voglia giusta, la cattiveria giusta. È stata una mia scelta. Prima del Valencia ho parlato con 7-8 squadre, ma sono qua perché sono consapevole che questo è un gran club. La mia storia dice una cosa: sono stato uno dei primi italiani ad andare a giocare in Inghilterra a 17 anni e mezzo, sono stato il primo campione del mondo a lavorare in situazioni complicate. Quando mi ha chiamato il Valencia l'ho scelto subito perché giocare in uno stadio così, con una tifoseria così, ne vale la pena. Sarà complicato, ma se faremo un buon lavoro sarà bello".

Sulle esperienze con Napoli e Milan

"Al Napoli e al Milan è stato facile, bisogna tornare più indietro, quando allenavo Sion o Creta. Lì si che le situazioni erano difficili, ma qui no. Sono stato nella Ciutat Esportiva e ho visto che sono in un gran club, dove si può vivere bene. Bisogna cominciare dal senso di appartenenza. Suona bene: Napoli, Milan e il Valencia sono collocate nella stessa fascia. Questa è una società di un fascino e una storia incredibili, anche se ora è in difficoltà. Dobbiamo pedalare, ma ne vale la pena".

Su chi si ispira come modello di allenatore

"Non si può fare copia-incolla da un allenatore all'altro. Ogni allenatore ha un suo modo di vivere la partita, di parlare, uno stile suo. Tutti gli allenatori che ho avuto sicuramente mi hanno lasciato qualcosa. Si può vincere con tutti gli stili. Ancelotti, ad esempio, è un allenatore che non è duro e ha vinto. Lippi invece è duro e ha vinto lo stesso. Giusto per fare due esempi. Io quando alleno la squadra mi diverto. Mi piace molto parlare coi calciatori, ma a una condizione: quando si entra nel terreno di gioco si fa sempre con grande professionalità. Posso accettare degli errori, ma deve esserci serietà nel lavoro. Mi piace avere una squadra che scherza, che sta bene insieme. Ma bastano 2-3 giocatori per rovinare un allenamento e per l'allenamento è sacro, il sacrificio è chiaro".

Sull'identità che vuole dare al suo Valencia

"Sicuramente giocheremo con una linea di difesa a quattro. Poi possiamo parlare di due centrocampisti o di tre centrocampisti, quindi 4-3-3 o 4-2-3-1. Ma l'importante è il gioco, è tenere la palla. Con molta professionalità proveremo a giocare il calcio che mi piace, quello che sto portando avanti e su cui sto lavorando da quattro anni".

Sul suo rapporto con Jorge Mendes

"Ho cominciato otto anni fa la mia carriera da allenatore. Nella mia vita non ho mai preso un calciatore di Jorge Mendes. Sono nel calcio da 27 anni e ho un rispetto incredibile per Mendes, un uomo di calcio e un amico. Ma non ho mai fatto un'operazione con lui, né al Milan né al Napoli. Poi se essere amico di Jorge Mendes e rispettare Jorge Mendes è un problema, il problema è vostro, non mio. Io non ho fatto nessuna trattativa con Mendes. Anzi, la prima persona con cui ho parlato quando si è saputo del Valencia è stato l'ex presidente Anil Murthy. Poi dopo io ho chiamato Mendes per dirglielo. Ma spero che se lui ha un calciatore funzionale possa aiutare me e il Valencia. Noi abbiamo bisogno di calciatori forti. Questo vale per Jorge Mendes come per tutti".

Su possibili rivoluzione nell'organico della rosa

"Ad aprile ho parlato col club, ma non avevo in testa la cosa che potessi diventare allenatore del Valencia. Lo sono diventato a Singapore, il primo giugno, quando ho parlato col presidente Lim. Abbiamo una rosa interessante, con tanti giovani di qualità. Se riusciremo a rinforzarla facendo le cose giuste, potremo divertirci".

Su qualche possibile nome fatto alla presidenza

"Non abbiamo parlato di nomi, ma dei reparti in cui intervenire. Abbiamo parlato di ciò che ci può servire. Lui mi ha ascoltato, sa come voglio giocare e sa perché voglio giocare in quel modo. L'importante è che chi arriva sia funzionale al nostro calcio, non ci importano i grandi nomi se non sono funzionali. Ci sono 5-6 posizioni in cui intervenire e ne abbiamo parlato".