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ESCLUSIVA Bianchi: “Osimhen? Diamogli tempo per sbagliare e crescere. Vi racconto Diego…”

maradona napoli

In esclusiva ai microfoni di Calcionapoli1926.it è intervenuto Ottavio Bianchi, ex tecnico del Napoli, che ha scritto una pagina rilevante della storia del club: dal passato al presente azzurro, passando attraverso lo scudetto vinto con Maradona...

Edoardo Riccio

La stagione 1986/87 fu emblematica per il Napoli, il glorioso scudetto cucito nella sua storia non è mai stato dimenticato. Gloriosi, però, furono anche i rappresentanti di un'impresa ancora oggi narrata dagli avi napoletani. Il ricordo dei tifosi azzurri passa attraverso la figura leggendaria di Maradona, ma decisivo per la vittoria del tricolore fu anche e soprattutto l'operato di Bianchi, all'epoca tecnico dei partenopei. Ottavio ha raccontato in esclusiva ai microfoni di Calcionapoli1926.it l'epica cavalcata azzurra e le emozioni vissute in quel periodo, con uno sguardo rivolto anche al Napoli del presente e al futuro rigoglioso di Victor Osimhen. 

Bianchi: "Osimhen giocatore interessante, abbia la chance di maturare"

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Di seguito le dichiarazioni dell'ex tecnico dei partenopei:

Ciao mister Bianchi, cosa ha significato allenare  Maradona e cosa suscita sentir nominare il suo nome?

"Ricordare Diego mi fa sempre un certo effetto, non è una tematica superficiale per me. Verrebbe da citare un'espressione palesata da Signorini, suo preparatore atletico ed amico, durante un'intervista recente: 'Con Diego faccio il giro del mondo, con Maradona neanche il giro dell'isolato'. Parlo di Diego perché è quello che voglio ricordare con tanto affetto".

Com'era Diego? E che genere di rapporto intercorreva con i suoi compagni di squadra?

"È stato un ragazzo disponibile sia dentro sia fuori dal campo, i compagni lo hanno sempre amato ed apprezzato, nonostante la sua classe enormemente differente. Non l'ho mai sentito rimproverare nessun compagno sul terreno di gioco, sbagliava veramente poco.

È un ragazzo diverso da come lo abbiamo identificato successivamente, al di fuori dell'ambito calcistico. Aveva grande attenzione per gli atleti più giovani, in particolar modo con gli esordienti che facevo debuttare. Gli bastava avere la palla poiché con essa si trasformava; pur essendo Maradona, si divertiva dappertutto, anche nel corridoio dello spogliatoio. Era innamorato del calcio, un grande pittore che si esaltava davanti ad una tela bianca dove doveva esprimere la propria fantasia". 

Lo scudetto vinto nella stagione 1986/87 è impresso nella storia di Napoli e dei tifosi partenopei, è stata annientata la tirannide delle potenze del Nord. Quali sono state le emozioni vissute in quel periodo?

"Io ho giocato tanti anni nel Napoli ed ho conosciuto grandi calciatori, i più grandi di allora. Ho avuto la fortuna di essere allenato da grandi tecnici, anche se in quel periodo non ho mai conquistato nessun trofeo. Questa era la prassi in un ambiente che però non si abbatteva e tale è stato per me un rilevante insegnamento durante la mia carriera di allenatore.

L'entusiasmo della gente di Napoli è incredibile, se riesci ad immagazzinarlo bene è un grande vantaggio; se ti lasci soggiogare, tuttavia, è un fattore negativo, perché in questo sport ciò che viene effettuato il giorno prima, quello seguente non conta nulla se non si lavora. Bisogna essere competitivi, questa è la bellezza dello sport".

In relazione al passato, attualmente persiste una dicotomia: in vetta alla classifica, in compagnia del Napoli, ci sono Milan ed Inter. Lo scenario potrebbe ripetersi?

"Sono trascorsi anni, sono tempi diversi. Per quanto concerne la "rivalità" tra Nord e Sud, non esistono più rivendicazioni. La città di Napoli, infatti, è all'altezza del settentrione. Il club azzurro  è già da alcuni anni competitivo e ciò conferma la solidità della società.

Ai miei tempi gli azzurri combattevano per non retrocedere, ma l'ambiente ha imparato a non abbattersi senza esaltarsi troppo. Non esiste più alcuna differenza, c'è più pragmatismo ormai. Anche l'organizzazione prima era differente, però adesso il Napoli è una compagine di primo ordine".

Esaltarsi troppo non è positivo, ma l'entusiasmo scoppiato in seguito alla vittoria del Napoli con il Verona non può celarsi. Si aspettava una tale risposta dopo la sconfitta con il Milan?

"Quest'anno si sta disputando un campionato anomalo, nel quale le 3/4 squadre lì in vetta hanno avuto la possibilità di prendere il largo e non hanno colto alcune occasioni. La complessità di questa annata è sicuramente collegabile alla sofferente situazione di pandemia, che stiamo patendo da ormai due anni.

Anche gli allenatori riscontrano tante problematiche nell'organizzazione degli allenamenti, poiché dei calciatori sono fermi, altri devono giocare con le rispettive nazionali. Nessun club, quindi, sta prendendo il largo: sono tutte lì, eppure quasi ogni domenica cambia lo scenario".

Lo scenario, però, non cambia per quanto concerne alcune tematiche extra-calcistiche. Lo striscione esposto dalla Curva Sud del Verona è l'ennesimo atto di discriminazione da condannare...

"Sono 50 anni che la situazione resta invariata, gli organi preposti non sono mai intervenuti per portare dei cambiamenti. Per quanto concerne i tifosi e gli ultras... si dovrebbe imporre loro un'educazione partendo già da ragazzini. È una tematica particolare, forse non merita neppure attenzione, come si dice a Napoli: 'San Gennà: futtatenne".

In correlazione al suo rapporto con Diego, si può far nascere questa sorta di dicotomia con il legame originato tra Spalletti e Osimhen?

"Osimhen è un calciatore interessante, ancora agli albori della sua carriera, ma naturalmente lo scenario è diverso. Non bisogna dare troppo carico ad un ragazzo che sta facendo bene, anzi dobbiamo concedergli la possibilità di sbagliare e maturare, come i grandi campioni alla sua età: da Pelè a Cruijff, passando per lo stesso Diego.

È necessario essere equilibrati con i giovani come Osimhen ed avere tanta pazienza. 'I vecchi giocatori in campo non li posso perdonare per alcuni erroracci, ma i giovani invece sì' - sostenevano i miei allenatori".

Nonostante l'esito incerto di questo campionato, il Napoli può puntare alla vittoria del titolo?

"Certo che sì, sembra che non ci siano dubbi. Paradossalmente, il Napoli ha il vantaggio di dover giocare esclusivamente in campionato e deve preparare 'solo' una partita a settimana. È un fattore rilevante, soprattutto se si pensa ai grandi club come Psg e Manchester City, i quali, in seguito alle gare di coppa, in campionato riscontrano delle difficoltà. L'obiettivo degli azzurri, dunque, è la vittoria del tricolore. Ha le carte in regola per trionfare".

A cura di Edoardo Riccio

© RIPRODUZIONE RISERVATA PREVIA CITAZIONE DELLA FONTE CALCIONAPOLI1926.IT

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