Condannare "Luciano" e preservare "Spalletti": perché non bisogna depennare i trascorsi a Napoli del tecnico del 3° Scudetto

Premessa doverosa: molteplici comportamenti assunti da Lucianodalla firma con la Nazionale in avanti sono pressoché ingiustificabili. A partire dalle fin troppe interviste durante le quali si divideva tra l'amore per Napoli e le continue frecciate da inviare al presidente De Laurentiis. I peccati peggiorano a dismisura se menzioniamo l'infame frase "Non voglio indossare una tuta che non sia quella azzurra"; resa una macchia impossibile da rimuovere in seguito all'approdo sulla panchina della Vecchia Signora (dati, anzi, fatti alla mano, a differenza di quanto narrava nel proprio libro, l'odiato patron romano aveva capito e compreso perfettamente la tipologia d'individuo che il toscano è).
Tuttavia, i "crimini" elencati, come specificato sin da subito, sono imputati a carico di "Luciano". L'altra faccia della medaglia è "Spalletti", mister capace di riportare lo Scudettoalle pendici del Vesuvio a tre decenni di distanza dall'ultima volta, nonché la prima senza Maradona. Il condottiero al timone di un esercito che, attraverso l'espressione più incantevole dell'arte del pallone, ha privato le potenze del Nord del tricolore dopo oltre 20 anni di successi consecutivi; peraltro, battendo tutte le 19 avversarie di quel campionato e totalizzando il record di punti, ossia 90, nelle cinque leghe europee più prestigiose per quanto concerne la stagione 2022/23 (meglio di armate straniere come Manchester City, Real Madrid, Bayern Monaco, Paris Saint-Germain, Barcellona e compagnia cantante).
Il sunto del discorso, dunque, è il seguente: condannare "Luciano" è legittimo, ma lo è altrettanto preservare "Spalletti". I racconti da santone millantati e poi infranti meriterebbero i fischi della piazza napoletana, non vi è dubbio alcuno. Ciononostante, è giusto che il ricordo, la gioiaregalata al tifo giovane e fatta riprovare alla controparte adulta non venga riposta nel cassetto "avvenimenti dell'esistenza da rimuovere". Perché la storia, soprattutto quella bella, non va cancellata.
A cura di Alex Iozzi
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