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editoriali

A Genova la vittoria «normale» e solida di un Napoli forte, con Osimhen in cattedra

Mattia Fele

Un buon Napoli (non ottimo) batte la Samp. Un ottimo (non buono) Osimhen si consacra il calciatore più importante di questa squadra, in attesa del rientro a regime di Kvaratskhelia. La Juve con 8 vittorie di fila è ancora a -7 punti

Un Napoli non brillantissimo ma forte, superiore nella tecnica e nelle idee batte per 2-0 la Sampdoria di Stankovic e ritorna ad essere elogiato dai quotidiani, dai telecronisti e dai tifosi di ogni genere. La verità sta nel mezzo: la squadra di Spalletti ha affrontato (a tratti con una leggerezza un po' preoccupante e che ricorda vecchi fasti, specie in fase offensiva) una squadra molto inferiore e in dieci uomini per un tempo. Lo ha fatto girando il pallone come sa fare ma non ancora con le accelerazioni che la distinguevano realmente dall'anno scorso. Manca ancora Kvaratskhelia, ma va atteso come un dessert a fine cena leggera. Il georgiano è confuso ed è evidentemente pensieroso su ogni giocata, per cui forse ne stiamo scoprendo solo ora il carattere un po' insicuro. Detto questo, è incredibile quanto nonostante la brillantezza minore sappia sempre farsi trovare pronto tatticamente e atleticamente.

Il Napoli non ha vinto lo Scudetto a Genova

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È Osimhen (insieme a Lobotka) il leader tecnico di questa squadra. Victor non solo usa le sue caratteristiche per sbloccare una partita comunque difficile e far espellere - giustamente, c'è poco da protestare - Rincon, bensì riesce ad abbinarvi pure un posizionamento intelligente e una grandissima foga nell'aiutare i compagni. Partecipa al gioco, è sempre più convinto. Allunga le squadre avversarie e fa reparto come nessun altro in Serie A. Non per nulla è il capocannoniere. Va detto, però (scommettiamo che in pochi se ne accorgeranno? ndr), che il suo gol è finalizzazione di un'uscita dal basso semplicemente perfetta di tutta la squadra. A partire da Di Lorenzo, poi Lobotka, poi Juan Jesus e via via tutti da destra a sinistra. Diventa semplicissimo per Mario Rui - secondo assistman del campionato dopo Milinkovic Savic - inventare quel pallone morbidissimo per il nigeriano. Bene anche Spalletti che sceglie lui al posto di Olivera - che quel pallone coi contagiri non l'avrebbe messo in modo eguale, senza nulla togliergli - a dimostrazione che il tecnico c'è. Ci sono ancora tutti.

Se l'è giocata bene il Napoli nonostante qualche picco di leggerezza nel secondo tempo, con la Samp in dieci tutta rintanata. Troppa poca cattiveria e praticità nel chiudere le azioni, tiri poco convincenti e giocate ai limiti del leziosismo fin dentro l'area di rigore. Un esempio ne è il pallone di Elmas toccato al volo nella terra di nessuno al termine di un'azione bellissima, avvolgente a metà del secondo tempo. Una parte di gara che ha ricordato un po' il Napoli dell'anno scorso, sempre vincente quando superiore ma poco convinto di ammazzare il gioco, la partita e l'avversario. Avvisaglie si erano viste già contro l'Udinese a novembre, che aveva rimontato due gol in 2' e spaventato tutto lo stadio. L'ipotesi più proponibile e che siano le folate di Kvaratskhelia e i suoi scambi tutti d'un pezzo con Zielinski a dare quella verticalità che fa tutta la differenza tra il Napoli 2021 e il Napoli 2022/23. C'è dunque bisogno di recuperare il georgiano, che però ha questo grande merito di stare sempre al posto giusto nonostante le sue scelte non siano istintive e corrette e precise come qualche mese fa. Va aspettato, perché se lo merita e dà sempre l'idea di potersi accendere dal nulla. Intanto a sostituirlo c'è il buon Elmas, che ha segnato sul secondo rigore della giornata (il primo era inesistente, smettiamola di lamentarci dei favori arbitrali al Nord ndr). Al di là di tutto, la Juventus è ancora a -7 punti dopo il suo massimo sforzo, 8 vittorie consecutive e zero gol subìti. Ieri sera neanche il Napoli ha concesso granché ad una Sampdoria che aveva tanta voglia di imporsi e di ricordare Luca Vialli con una prestazione mastodontica. Ha gestito il Napoli, che ha terminato ancora con statistiche da capogiro, con un possesso di palla sfibrante che creava sempre equivoco tra il centrocampista e il quinto del sistema di gioco di Stankovic.

Non è semplice essere Spalletti ad oggi, è semplice invece essere un tifoso del Napoli o un addetto ai lavori che prova ad accennare un'analisi. È un Napoli più "normale" della prima parte di stagione com'era ovvio aspettarsi, ma è una squadra che può tranquillamente crescere e tornare ad essere brillante e distruttiva come tra ottobre e novembre. Serve a poco, in un campionato così lungo, essere già al cento per cento a inizio gennaio. Serve a tanto però - al contempo - essere pure forti e consapevoli nella "normalità" già citata, per non perdere troppo terreno in vista di quelli che saranno i mesi decisivi: aprile e maggio. Prima di Milano sembrava che il Napoli non potesse mai perdere, prima di Genova pareva sicura la seconda sconfitta di fila e la fine del gioco. Il Napoli non ha vinto lo Scudetto a Genova come non lo aveva perso a Milano. C'è troppo ancora nel mezzo, e soprattutto c'è l'incostanza delle altre che è una buona mano tesa. L'Inter ha giocato male a Monza dal punto di vista della compattezza - che invece nello scontro secco aveva trovato, come avevamo spiegato già -. La Juventus continua nel suo non-gioco a trovare risultati inspiegabili, con la mano dell'allenatore che si vede ma è davvero brutta. Nessuno al momento è più forte del Napoli, che (per ora) sembra anche lontano dallo spettro infortuni.

A cura di Mattia Fele

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