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editoriali

Dr. Romelu & Mr. Lukaku, due volti del medesimo attaccante: qual è il vero “Big Rom”?

lukaku kvara
Un dilemma che attanaglia le menti dei tifosi partenopei
Alex Iozzi

"Un pranzo indigesto": questa la frase ideale con cui riassumere la domenica amara (amarissima) vissuta dal Napoli di Antonio Conte nella cornice dello Stadio Diego Armando Maradona. Una doppietta di Lookman e l'undicesima marcatura stagionale di Mateo Retegui proiettano l'Atalanta targata "Gian Piero Gasperini" sul podio della Serie A (a quota 22 punti). Capolista "colpita e affondata", i cui pezzi pregiati deludono (e non poco); uno su tutti: Romelu Menama Lukaku Bolingoli.

Dal "Romelu" di San Siro al "Lukaku" del Maradona: la doppia personalità di "Big Rom"

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Corre l'anno 1886: un Robert Louis Balfour Stevenson (scrittore, nonché poeta britannico) ormai nel mezzo del cammino di sua vita pubblica la propria "opera magna", dal titolo "Lo strano caso del Dr. Jekyll e di Mr. Hyde". Romanzo gotico, esso ha come soggetto principale la storia di un individuo razionale, quale Henry Jekyll, che in seguito ad alcuni esperimenti malriusciti assiste, in prima persona, alla nascita del proprio alter ego (per adoperare un eufemismo) dall'atteggiamento bizzarro: Edward Hyde. Il massimo esempio, nel linguaggio comune (oltre che letterario), di "sdoppiamento della personalità": un fenomeno di cui sembra essere affetto (purtroppo) il nazionale belga. Da un lato vi è "Romelu Menama", prima punta abile, grazie al fisico possente che si ritrova, nellagestione del pallone (volta a creare superiorità numerica in un sistema di gioco basato interamente sul più classico dei "ripartenza e contropiede") e nel dialogo con i compagni, spesso serviti in maniera sublime e messi (come se non bastasse) in condizione di segnare; per non parlare, inoltre, della freddezzasia dagli undici metri che sotto porta. Dall'altro, invece, abbiamo "Lukaku Bolingoli", centravanti la cui presenza diviene nulla se marcato a uomo per 90 minuti da un difensore avversario, con l'aggiunta di risultare impreciso quando si materializza una limpida occasione da gol. C'è il "Romelu Menama" ammirato contro Cagliari, Monza, Como e Milan; al contempo, c'è il "Lukaku Bolingoli" presentatosi contro Juventus, Empoli, Lecce e (per l'appunto) Atalanta.


Compiuta quest'analisi, la domanda a cui noi tutti cerchiamo di trovare risposta è una soltanto: qual è la reale versione di colui che viene comunemente soprannominato "Big Rom"? La sentenza verge su toni tipicamente "democristiani": entrambe. Non esiste alcun tipo di "doppelganger": "Big Rom" è l'unione tra quanto di buono può offrire "Romelu Menama" e quanto di imperfetto mostra al pubblico pagante "Lukaku Bolingoli". È un '9' innamorato delle qualità che la vita gli ha donato: gli piace essere funzionale per il collettivo, seppur costretto, per tale ragione, a disputare i 3/4 di una qualunque partita rivolto spalle alla porta rivale. Una natura calcistica che comporta, suo malgrado, un odio viscerale da parte di una cerchia (nemmeno troppo ristretta) di appassionati. È l'eterno conflitto tra le due filosofie, le due scuole di pensiero fondate sul mito del "centravanti": il finalizzatore puro (alla Filippo Inzaghi) e l'attaccante che agisce da "boa" (alla Edin Dzeko). Può essere preferita una tipologia di '9' all'altra, ma ciò non rende sbagliata l'ideologia contraria alla nostra. Tuttavia, di "oggettivo" vi è un unico concetto: se Antonio Conte ha richiesto Romelu Menama Lukaku Bolingoli alla dirigenza del Napoli, bisogna che la piazza nutra fiducia. E in fondo, al netto delle prove incolori, le 4 reti e i 5 assist messi a referto dal gigante di Anversa in appena 10 gare stagionali rappresentano un'argomentazione (in sua difesa) più che valida.

A cura di Alex Iozzi

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