La prova tangibile della tesi esposta dal sottoscritto poc'anzi non ci giunge esclusivamente dalla partita passata agli archivi meno di un giorno fa, in cui, ad onor di cronaca (seppur macchiata da un'azione ben costruita, ma sprecata in maniera piuttosto grottesca), ancor prima del passaggio chiave servito (da calcio piazzato) a Di Lorenzo, inalmeno tre casi, si è dilettato abilmente nell'arte del "creare potenziali occasioni da gol" per i colleghi di reparto, ma anche dalla prestazione offerta il 6 settembre scorso, in quel di Saint-Denis, contro la Franciavicecampione del mondo in carica, condita (nell'ipotesi in cui il suddetto dato fosse necessario) dalla rete numero 7 siglata in veste di rappresentante del Belpaese (quella del definitivo 1-3 in favore dell'armata Spalletti). Inoltre, basterebbe attingere dalle statistiche fatte registrare dal ventiquattrenne di origini emiliane nel corso della stagione antecedente all'approdo alla corte del presidente De Laurentiis: 10 gol e 6 assist in 38 gare disputate (nel 90% dei casi, da seconda punta) tra Serie A e Coppa Italia. Numeri che nulla hanno da invidiare al rendimento biennale proposto da un certo Khvicha Kvaratskhelia all'ombra dello Stadio Diego Armando Maradona. Inscenato il monologo che avete appena letto, tentiamo di concludere con una punta di razionalità: Giacomo Raspadori ha chance quanto più limitate di mutare da "panchinaro di lusso" a "titolare fisso" nel nuovo Napoli targato "Antonio Conte", per via della presenza in rosa di interpreti qualitativamente(vedi il 77 di Tbilisi oppure David Neres) o tatticamente(vedi Matteo Politano)superiori; eppure meriterebbe una possibilità, quantomeno non impiegato nell'applicazione di compiti richiesti ad "omoni" che rappresentano la sua perfetta antitesi calcistica.
A cura di Alex Iozzi
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