calcionapoli1926 editoriali Quando il cuore supera il talento: per avere successo (a volte) basta essere un Matteo Politano

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Quando il cuore supera il talento: per avere successo (a volte) basta essere un Matteo Politano

Alex Iozzi
Una prova da capitano e una risposta (con i fatti) alle critiche: contro il Manchester City, l'esterno romano ha dimostrato come mai mister Conte non possa fare a meno della sua presenza nel proprio undici titolare

"Dammi tre parole: sole, cuore e amore": con questo semplice verso Valeria Rossi, nell'ormai lontano 2001, dà vita al ritornello del tormentone estivo più iconico della musica italiana (dal titolo "Tre Parole"). Un trio di vocaboli che descrive alla perfezione il matrimonio dalla durata quinquennale (e qualcosa in più) tra la Società Sportiva Calcio Napoli e Matteo Politano; un "Amore" (per l'appunto) corrisposto la cui unione è merito delle rispettive caratteristiche peculiari messe in gioco da entrambe le parti coinvolte: il "Sole" raggiante della fu Partenope e il "Cuore"(grande) dell'esterno tricolore.

Spirito di sacrificio e cultura del lavoro: a volte, per avere successo nel calcio, basta seguire il "modello Politano"

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La trasferta europea di Manchester, nonostante porti con sé una lunga lista di rimpianti, ha certificato un "segreto di Pulcinella" legato alla "gestione Conte" alle pendici del Vesuvio: Politano M. da Roma, è uno degli elementi (se non l'elemento) più insostituibili all'interno dell'undici titolare del tecnico salentino. Non per la tecnica o per il carisma (qualità che di certo non gli mancano), ma per l'apporto encomiabile che egli dà in fase difensiva. Il mancino nativo della Capitale, sotto la guida di "Tonino", si è trasformato in un calciatore totale: contribuisce attivamente alla creazione offensiva azzurra (il più delle volte, le occasioni nitide del Napoli vengono generate dal suo lato di campo) e, contemporaneamente, consegna solidità alla retroguardia "081", in particolare all'estrema destra. La prova del nove, in tal senso, è arrivata tra le mura dell'Etihad Stadium: complice l'espulsione di Di Lorenzo a 20' dal fischio d'inizio, Matteo ha dovuto limitare (quasi) da solo le giocate di una freccia illustre del pallone odierno: Jeremy Doku. Risultato? Esame superato con un meritato 30 (lode annessa). Non è un caso che il belga di proprietà del City sia stato in grado di incunearsi nell'area di rigore campana soltanto dopo l'uscita dal rettangolo verde di "Poli".

Prestazione da capitano(per giunta, con la fascia al braccio). La risposta definitiva alle migliaia di critiche (spesso fin troppo eccessive) che ha accumulato negli anni nelle vesti di dipendente del presidente De Laurentiis. L'evidente dimostrazione del perché mister Conte (lo stesso allenatore che lo lasciò andar via in completa serenità quando sedeva sulla panchina dell'Inter) lo preferisce a colleghi di reparto più appariscenti come David Neres e Noa Lang (i quali, a loro modo, regaleranno comunque soddisfazioni alla piazza napoletana). Soprattutto, punto focale della disamina, un insegnamentoper le future generazioni: per avere successo nel calcio (come in qualunque ambito della vita), a volte, basta munirsi di una buona dose di spirito di sacrificio e buttare il cuore oltre l'ostacolo; insomma, per farla breve, basta essere un Matteo Politano.

A cura di Alex Iozzi

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