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Osimhen si faccia tradurre De Gregori: se non esulta si fa un torto

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Osimhen è un ragazzo d'oro, perfetto in campo e istintivo. Cresciuto dal nulla, ha ottenuto tutto grazie alle sue sole forze e merita di essere felice quando segna un gol per il Napoli. Si senta libero di esultare e di prendersi addosso i compagni
Mattia Fele
Mattia Fele Editorialista 

Victor Osimhen è un calciatore e un professionista indiscutibile. È uno dei migliori attaccanti al mondo - per lunghi periodi l'anno scorso c'era solo Haaland davanti a lui per prestazioni e incisività - ed è giustamente ricercato da mezzo globo terracqueo. Si tratta di due premesse fondamentali per affrontare qualunque discorso sull'attaccante del Napoli, che al momento vive un sentimento di lieve avversione nei confronti del Napoli società a valle di quel video maldestro pubblicato su TikTok riguardo al suo rigore, senza parlare poi del rinnovo promesso e mai arrivato nonostante gli 11 incontri di ADL e Calenda, suo agente ed esperto cavalcatore di onde mediatiche. Questione molto particolare, se si considera che De Laurentiis post Real Madrid ha dichiarato in zona mista che il prolungamento di contratto si farà. Forse il punto è quando e come si sia arrivati al come. Osimhen al momento è infelice e non calcia neanche più i rigori (non ne ha mai calciati tanti, l'anno scorso solo a fine campionato), né esulta per i suoi gol (per quelli degli altri sì: basti rivedere il gol di Ostigard di martedì ndr).

La felicità è tale se condivisa

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Non ci siamo mai pronunciati troppo sulle faccende extra-campo, tra video del trend TikTok "coconut" e foto archiviate sul profilo Instagram dell'attaccante. Quello che potremmo dire è che ci sembrano tutti problemi del nostro tempo ampiamente superabili nell'ottica in cui si vedano i social come imitazione della realtà e non come realtà. Certo è che la sensibilità di ognuno è totalmente singolare e unica e nessuno può dire ad un altro di aver esagerato nell'offendersi per un qualsiasi avvenimento. Dire il contrario è la base di ogni razzismo o intolleranza o discriminazione. Tutti facciano sempre il massimo per rispettare il modus e la suscettibilità del prossimo. Detto questo, la storia tra Osimhen e il Napoli sembra finita. Checché De Laurentiis non ammetta. Anche per questo abbiamo detto che Osimhen farebbe meglio a godersi il viaggio, che è irripetibile e lo ha reso chi è oggi e continuerà a farlo. Però solo in modalità felicità condivisa, altrimenti non vale. Nessun gol è gol se non ci si abbraccia tutti insieme e non si gioisce. Nessuna vittoria lo è al 100% se non sono tutti connessi, concentrati e felici allo stesso modo.


Capiterà a molti professionisti e dipendenti lavorare al cospetto di qualcuno che non stimiamo, ciò non deve - mai - toglierci gli occhi dalla bellezza del contenuto che abbiamo l'onore di produrre. Per i gol si esulta. Perché i gol creano felicità e gioia non solo in chi ci guarda ma in noi stessi che ci esibiamo e ne viviamo. Osimhen vive per il gol da quando a Lagos, in Nigeria, calciava le pigne con i suoi amici. Poi lui ce l'ha fatta e non ha mai negato di essere partito dal nulla. Questa sia per lui una forza, non un limite bloccante. Anche se andrà via da Napoli a giugno o in qualunque altra data. Ed è anche giusto! Victor ha un potenziale da squadra top di Premier, una dimensione tecnico-economica che il Napoli non potrà offrirgli nemmeno tra 10 anni, dato che in Italia ancora si battibecca sui diritti Tv e sulle infrastrutture. E chi le costruisce le fa uguali a quelle inglesi e tedesche, però quelle di 20 anni fa. Si pensi al meraviglioso Westfalen Stadion di Dortmund dove pochi giorni fa si è giocata Borussia-Milan. Stadio ristrutturato nel 2006 - ancora bellissimo - ma comunque nel 2024 non si può pensare di ispirarsi a quella struttura per innovarsi. Come invece succede in Italia.

Quindi la grandezza di Osimhen stia pure nel riconnettersi con se stesso e con la gioia di segnare un gol e di tirare un rigore. Anzi, come l'anno scorso in fin di campionato, ci auguriamo che se il Napoli avesse un altro rigore lo calci proprio il numero 9. Col suo piattone aperto a spiazzare il portiere. Se lo sbaglierà sarà uguale, ma almeno avrà ritrovato il suo feeling con l'appartenenza anche alla società Napoli che - va detto - non è solo De Laurentiis e Victor non può ridurla a questo, o a come sono state gestite certe dinamiche. Poi per carità, tra persone ci si può non-prendere ed è nell'ordine oggettivo delle cose. Ma bisogna perdonare, capire, immettersi nei panni degli altri che lavorano come facciamo noi e fanno tutti. Va da sé che le sensazioni, i pensieri debbano rispettare i comportamenti e poi viceversa. Osimhen si senta libero di essere felice - lo sappiamo che lo è quando gioca - se segna o prenda il pallone tra le mani senza paura per calciare il rigore prossimo che verrà fischiato al Napoli (e si faccia tradurre La leva calcistica del '68 di De Gregori). Farlo ed esultare non toglierà nulla al fatto che andrà via da Napoli, ma darà qualcosa in più a sé stesso. Gli toglierà un peso.

 

Di Mattia Fele

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