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editoriali

Il Napoli di Spalletti, una statua che deve venir fuori dal marmo

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Due volte nella polvere, due volte sull'altar. Imperativo categorico: diventare ciò che si è. Quanta bellezza in potenza in Kim e Kvaratskhelia! Signori, stiamo assistendo alla creazione di una potenziale opera d'arte!

Emanuela Castelli

Il Napoli di Luciano Spalletti è marmo grezzo che contiene la statua: scolpirla non sarà facile, ma quanta qualità!

Napoli, che spettacolo all'Olimpico! Ora si può e si deve. Storia della creazione di una potenziale opera d'arte, che prende forma tra le mani tremanti e creative dell'artista

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"Due volte nella polvere, due volte sull'altar", è il destino del Napoli di Luciano Spalletti, allegoria e simbolo dell'umana condizione. Dolorose battute d'arresto che si rivelano poi preludio ad inaspettate consacrazioni, cocenti delusioni che fanno da antipasto ad un succulento e soddisfacente primo piatto, che rifocilla stomaco ed anima. Umano, troppo umano, cadere nella polvere e nel fango; doveroso e necessario non lasciarsene cullare ma rialzarsi, in questa eterna spinta alla vita, al successo, all'affermazione di sé. Il Napoli si fa paradigma di condizione esistenziale trasversale: le difficoltà che ti buttano a terra, ma in cui decidi di non cullarti, da cui decidi consapevolmente e con forza di riemergere, portando addosso il peso liberatorio dell'insegnamento ricevuto. Il match di ieri contro la Lazio del grande ex, il Comandante ancora odiato o amato, mai realmente dimenticato, è storia nella storia, anima nell'anima, è incontro di fuoco e passione, di orgoglio e sacrificio, di coraggio e resurrezione. E poi, di esaltazione. Dopo il pareggio casalingo contro il Lecce, tosto e amaro come una sconfitta, il Napoli prova a rialzare la testa, prende lo schiaffo del gol al 3', si deprime, poi si accende qualcosa, nella testa e nella gambe dei suoi. E inizia a correre: "Ci saranno sempre pietre sulla strada davanti a noi. Saranno ostacoli o trampolini di lancio: tutto dipende da come le usiamo".

Salgono in cattedra Kim e Kvaratskhelia. Poderosi, quasi onnipotenti, onirici: metaforica trasfigurazione del nuovo che si fa ambizione, del nuovo che non cancella il vecchio, ma che anzi ne perpetra l'eredità, la impreziosisce, dandole valore. Non è il momento dell' aut-aut. Non c'è discontinuità, non c'è urgenza di scegliere tra un passato indimenticabile ed un futuro ancora tutto da scrivere. Il fil rouge lo trova Spalletti, lo trova la squadra, lo trova il tifo. Il fil rouge è rosso della passione che accende i cuori azzurri al potente stacco di Kim, che insacca in rete ed esalta il pubblico nel settore ospiti. Il fil rouge è rosso e caldo come il sangue che scorre nelle vene di Kvicha: ché al suo arrivo a Napoli non sapevamo nemmeno se saremmo riusciti ad imparare il suo nome, mentre oggi vorremmo chiamare così i nostri figli, i nostri cani, il pesciolino rosso che abbiamo nell'ampolla all'ingresso di casa.

Kvicha e Kim, il nuovo chiamato a sostituire un passato imponente, potenzialmente ingombrante. Diventa ciò che sei, è questa la più grande assunzione di responsabilità: conosciti, ri-conosciti e abbi il coraggio di affermare la tua natura. E, in potenza, Kvara e Kim sono un bel serbatoio di qualità, qualità che, poco a poco, dovranno venir fuori. Una sfida nella sfida, per i due azzurri: "Il marmo non ancora scolpito può contenere la forma di ogni pensiero del più grande artista. Più i marmi si sprecano, più la statua cresce. Le promesse di questo mondo sono, per la maggior parte, vani fantasmi; e confidare in se stessi e diventare qualcosa di valore e valore è la cosa migliore e più sicura".

"Più i marmi si sprecano, più la statua cresce": meraviglioso richiamo alla semplicità, all'eliminazione del superfluo, al "né troppo, né troppo poco" di ellenica memoria. Kim e Kvara sono due statue da farsi, che contengono in nuce l'eleganza della materia prima, l'impeto straripante della passione, la forza della determinazione. E quella fame, quella fame che può fare la differenza. Tutto il Napoli è da farsi: materia grezza ed informe tra le mani di Luciano Spalletti, che dovrà plasmarla al meglio, esaltando le doti di tutti e mettendole al servizio del gruppo, in un uno-tutto che non deve conoscere confini tra i sé, ma deve amalgamarli in una struttura unica, in cui ciascun sé trova la propria calda ed accogliente dimora.

L'era dei rinvii, delle mezze misure, degli espedienti ingannevolmente consolatori, dei ritardi è da considerarsi chiusa. Ora inizia il periodo delle azioni che producono delle conseguenze”.

Avanti Napoli.

Di Emanuela Castelli

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