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editoriali

La Serie A (e il Nord) ai piedi del Napoli, lo Scudetto è tutto fuorché sogno o velleità

La Serie A (e il Nord) ai piedi del Napoli, lo Scudetto è tutto fuorché sogno o velleità - immagine 1
Ora è ufficiale: per perdere questo Scudetto ci vorrà anche di più dell'harakiri. È un Napoli superiore a tutto: ai sistemi di gioco, ai fuoriclasse avversari, alle strategie ma soprattutto alla Juventus di Allegri. Finalmente

Mattia Fele

Napoli-Juventus è stata più o meno la partita opposta a quella che si immaginava. Con Allegri tutto ritirato nel proprio quarto di campo e col baricentro a 30 mt dalla propria porta, con il Napoli con l'80% di possesso che non riesce a sfondare. Con Kvaratskhelia poco brillante. Ne è uscito fuori il contrario preciso: la Juventus ha tentato di giocarsela cedendo un po' di più il fianco, mettendo qualcosina in più in termini di qualità rispetto alle ultime uscite ed è finita per farsi sbranare per 5 a 1. Dal corpo del Napoli. Dalla tecnica del Napoli. Dalle intese, dalle conoscenze, dai princìpi. Più di ogni altra cosa, dalla fame (da ripetere come un mantra) dei nuovi arrivati. L'anno scorso un successo simile sarebbe stato impossibile.

Non l'ha (solo) persa Allegri

La Serie A (e il Nord) ai piedi del Napoli, lo Scudetto è tutto fuorché sogno o velleità - immagine 1
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La Juventus stasera ha scoperto di saper giocare anche a calcio. Allegri sceglie un 3-5-2 di partenza con Chiesa, Kostic, Milik e Di Maria tutti dentro. Una novità assoluta, considerando che a Cremona - dove sarebbe più usuale giocare all'offensiva - di questi c'era solo Kostic. L'idea rivelatasi fallimentare era quella di fare densità al centro, semmai lasciando al Napoli la costruzione sui terzini e ripartendo proprio da lì in transizioni pericolose, con quinti e mezze ali tra terzino e centrocampista del Napoli. Il classico difendi-riparti di Allegri un po' maggiorato. La Juve già da subito cercava la verticalità e ripartiva su con molti uomini, al punto da ritrovarsi a rischiare di dover scappare indietro a palla eventualmente persa. Scenari del tutto inusitati per Locatelli e co. Così è stato. Faro assoluto dall'altro lato Lobotka: nei primi minuti ha cercato spazio tra i propri difensori per allontanare la marcatura a uomo di Di Maria, poi ha iniziato a portare a spasso tutta la linea centrale di centrocampo della Juventus con i suoi strappi. Quella è stata un'altra chiave tattica distruttiva all'interno della strategia suicida di Allegri. Dopo il vantaggio di Osimhen i bianconeri hanno provato a mettersi a specchio in un 4-3-3 che sembrava stesse dando più garanzie anche in fase di copertura. Garanzie durate pure quelle pochissimo.

Ad onor del vero Max sarebbe stato criticato pure se avesse fatto il classico catenaccio, ma è parso davvero paradossale che proprio contro il Napoli abbia tentato questo tutto-per-tutto. Coi giocatori bianconeri evidentemente sprovvisti di conoscenze o abitudine alla marcatura preventiva, poiché non sanno cosa significhi avere il pallino del gioco o portare palla. Non subiscono molto spesso ripartenze. Il Napoli invece ha segnato proprio di contropiede alla Juventus, che non prendeva gol da 8 partite di campionato. Sia nel quinto gol che nel quarto. Ma pure un po' nel primo. Ecco perché la strategia sbagliata di Allegri (a conti fatti, Inzaghi è stato più bravo e duole ammetterlo ndr) non può essere l'unico motivo per un'imbarcata così umiliante. Quindi il Napoli banalmente è la squadra più forte del campionato. Anche di tanto. Nonostante ci sia ancora chi provi a paragonare Kvaratskhelia a Leao e gli undici di Spalletti a quelli - per esempio - di Pioli. Spalletti ha trovato un gruppo forte e ha saputo relazionare tra loro in un modo incredibile le qualità individuali di ogni calciatore. Il Napoli è una fisarmonica, sale e scende quando deve e conosce i tempi del gioco perfettamente. Il Napoli è allenato bene e ha tante frecce al suo arco, poi lotta. Una caratteristica che non si vedeva dai tempi di Mazzarri. I giocatori sono tecnici e leggerini quanto aggressivi quando vogliono. Ad oggi non c'è uno di loro che non stia offrendo prestazioni da top club europeo. Kim ha annullato Milik, Di Lorenzo ha addirittura preso a fare tunnel e rientri, ha servito l'assist a Elmas in posizione di trequartista avanzato. In posizione centrale, da terzino moderno. Elmas (non Lozano: qui vince ancora Spalletti nelle scelte anche improvvise) non ha sbagliato un tocco. Quello che abbiamo visto non è stato poi tanto diverso da Napoli-Liverpool, solo che era la Juventus di Agnelli (ora non più) e Allegri, che non ne prendeva 5 dal 1993. Quella del risultato che conta, schiantata dalla bellezza e proprio dal risultato stesso.

A Kvaratskhelia è bastato un gol rasoterra col piattone per riprendere il suo istinto e la sua ferocia. Pronti-via nel secondo tempo fa un tunnel a Danilo stellare, poi sterza e guadagna calcio d'angolo. Poi ne fa un altro, poi fa un assist su calcio d'angolo e ne dipinge un altro per Osimhen (che è il giocatore più importante di questa squadra e lo ha dimostrato anche oggi). Una menzione speciale anche al pubblico: sul 5-1 al 76' sessantamila uomini e donne hanno acceso le torce dei loro smartphone e hanno urlato "Abbiamo un sogno nel cuore". Una scena da brividi che tanto racconta dell'emozione che una partita simile ha potuto portare con sé, oltre al successo tecnico, tattico e atletico strabiliante contro una squadra che ha un monte ingaggi che non è nemmeno accostabile ai reconditi pensieri di Giuntoli e Micheli. I costruttori di una squadra semplicemente più forte dell'anno scorso, più famelica ma pure più funzionale e più compatibile nei suoi elementi. Diciamoci questo, con tutto il rispetto infinito da nutrire per Koulibaly e Insigne e nonostante la forza di un calciatore totale come Dries Mertens. Questi qui, gli eroi che son tutti giovani e belli, possono vincere lo Scudetto. Sul serio.

A cura di Mattia Fele

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