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editoriali

Criticare Mertens significa andare contro la città di Napoli

Gennaro Del Vecchio

I tifosi napoletani sono felici del (quasi) rinnovo di Mertens, ma in cuor loro la paura è più grande della gioia

L'arrivo di Spalletti sulla panchina azzurra aveva fatto (e non poco) spaventare i tifosi del Napoli. Non tanto per la qualità dell'allenatore, quest'ultima indiscutibile, ma per i precedenti con Totti ed Icardi: la città partenopea vive di idoli da portare sul trono. È successo con Maradona, Lavezzi, HamsikCavani, e sta accadendo anche con Mertens e Lorenzo Insigne. Napoli ama senza chiederti nulla in cambio, ama senza fine, ed il timore che si potesse verificare un Totti 2.0 aveva bussato alle porte delle anime 1926. Soprattutto per il futuro del ragazzo di Frattamaggiore: capitano, napoletano e carattere forte, gli ingredienti principali per emulare quanto visto a Roma.

Nessuno, e sottolineo nessuno, aveva pensato al partenopeo d'adozione: d'altronde come fai a non voler bene uno come Dries Mertens? Nonostante non fosse nato a Napoli, il belga ha fin da subito instaurato un rapporto unico con i propri tifosi, diventando un vero e proprio scugnizzo amato da tutti: tanto da diventare Ciro per chiunque, anche per i colleghi. Forse non per Spalletti, che il 14 non lo ha mai visto. Anzi, ha sempre fatto finta di vederlo.

Mertens è Napoli, ma Spalletti fa finta di niente

Perché è impossibile non dare una maglietta da titolare alla storia del Napoli, a colui che ha sempre abbinato talento ed appartenenza. "Mertens + 10" questa sarebbe dovuta essere l'equazione perfetta per competere fino all'ultima giornata di campionato: parlano i numeri, di coppia e non. Il bomber azzurro è ancora una volta in doppia cifra. 1673 minuti e 13 reti, una ogni 121 minuti. In Serie A una ogni 111, con ben 11 gol all'attivo. Il 14 avrebbe potuto giocare con Osimhen, ma anche da solo come prima punta, da seconda punta o da esterno: impossibile tenerlo fuori. Non sono solo le statistiche a parlare da sé, ma anche il contenuto del classe 1987. È uno dei pochi (se non l'unico) in rosa a poterti risolvere partite e campionati con una sola giocata, con uno spunto, un dribbling: Mertens ha qualcosa che gli altri non hanno, è speciale, è un campione.

Sembrava essere stato amore a prima vista tra i due, lo dimostrano anche le parole del tecnico dopo la sconfitta esterna contro l'Empoli: "Quando il presidente mi ha chiesto un parere su Mertens gli ho detto che è uno che si può tenere, poi ci sono valutazioni che la società deve fare". Ma è il post partita della gara contro il Sassuolo a lasciar perplessi i supporters del Napoli. Il tecnico di Certaldo, dopo aver ascoltato le parole dell'ex Psv, ha ben dichiarato: "Il campo dice che chi è sopra di noi è più forte di noi, se Mertens (espressosi dopo la partita, n.d.r.) dice una cosa diversa è bene che dica chi è che stato insufficiente. La squadra ha giocato un grandissimo campionato, essere dentro a tre partite dalla fine è un grandissimo merito". 

Criticare il miglior marcatore della storia 1926 significa criticare essa stessa: Mertens è Napoli. Perché ci sono calciatori che possono rappresentare città e tifosi, e Napoli non accetterebbe mai che ciò avvenga. Sembra un film già visto, prima ambientato a Roma, poi a Milano. Prima con Totti, poi con Icardi. Anche Partenope è una città stupenda, luogo ideale dove girare i migliori film, ma siamo sicuri che i tifosi partenopei pagherebbero con la loro pelle pur di non rivedere questa scenografia. Spalletti toccherebbe uno di loro, uno di famiglia.

A cura di Gennaro Del Vecchio

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