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editoriali

Non dimenticheremo l’impotenza negli occhi di Hart. No mister, con Dries non può finire così

Giovanni Ibello

Mertens e Napoli, una corrispondenza d'amorsi sensi

La prima cosa che pensiamo quando prendiamo coscienza che Mertens non sarà più un calciatore del Napoli ci riporta inevitabilmente al 25 ottobre del 2017, al giorno in cui Dries regola il Genoa con tre gol di pregevolissima fattura. La seconda rete, a dispetto delle altre, rientra nella categoria dei gol-ferita. Perdonerete l'audace neologismo, ma secondo il parere di chi scrive esistono prodezze che portano con sè lo struggimento dell'assenza. Un'insopprimibile malinconia. Come può il tifoso disimparare la gioia, come può dire a se stesso - dopo ben 9 anni d'amore - "Ok, adesso scendiamo dalla giostra: è tutto finito". Napoli merita un calciatore che sia in grado di addomesticare con la suola un lancio da 50 metri.

Prendetevi pure del tempo per riflettere sulla portata di questo straordinario gesto tecnico. Allarme spoiler: la palla gli si allunga di solo mezzo metro e Dries, senza nemmeno invertire il passo, inflila il portiere sul primo palo. Dries intuisce che farà gol quando inizia a fiutare il povero Rossettini. Lo francobolla ai 25 metri e lo guata come se fosse una preda. Gli danza intorno e poi traccia un semicerchio per disorientarlo. A quel punto deve solo attaccare lo spazio sull'out mancino e lasciare che la sensibilità compia il destino più dolce. Sotto l'incrocio dei pali, in quell'angolo retto che rende il calcio puro misticismo.

Mertens e Napoli, una corrispondenza di amorosi sensi

 

E che dire invece del gol maradoniano segnato contro il Torino nel dicembre del 2016 (anche in quella circostanza Dries siglerà una tripletta, ndr). Madre de Diosssssss... la telecronaca di Adani e Trevisani è passata alla storia, al pari di questa sensazionale prodezza. Erano gli albori del Napoli di Sarri. Dries prende palla nel ventre dell’area granata, poi si defila sulla destra e proprio quando sembra chiuso da due difensori, lascia partire un lob che traccia un arcobaleno sotto la Curva B. Hart può solo spalancare le braccia e poi metterle ai fianchi in segno di resa. Le telecamere indugiano su Chiriches che strabuzza gli occhi ed esclama: "Mamma mia". Ed è impossibile dimenticare l'impotenza tatuata negli occhi di Hart, la disperazione di un portiere che, abbacinato dal gesto tecnico, non è in grado di comprendere quello che sta succedendo.

 

Signori, questo (e molto altro) è Dries Mertens. Una leggenda del calcio Napoli, una delle più grandi. Un talento che sarà ricordato al di là dei numeri stratosferici. E a margine di queste considerazioni piuttosto emotive dispiace dover annotare che Spalletti non ha speso una sola parola per la storia di questo club; per un calciatore che - in ordine sparso - poteva consentire alla squadra di passare dal 4-3-3 al ben più proficuo 4-2-3-1 (l'ultimo scorcio della scorsa stagione parla chiaro). Un calciatore che doveva ereditare la leadership di uno spogliatoio che con i contestuali addii di Insigne, Koulibaly e Ghoulam, ha smarrito ogni certezza.

La verità è che Dries non può rischiare di perdere il mondiale a causa di un tecnico che semplicemente non lo vede. Non giriamoci intorno, la sensazione netta è che la volontà di Spalletti sia stata determinante. Dries Mertens sta al Napoli come Francesco Totti alla Roma, come il lob del folletto sta al no-look del pupone. Stavolta il mantra del "solo la maglia" non può bastare. Non più. A meno che non ci sia il colpo di scena (o di teatro?). Ieri Mertens era a Napoli e chissà che non si stia muovendo qualcosa...

A cura di Giovanni Ibello