editoriali

Diego Armando Maradona: la ragione per cui un popolo crede in Dio

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Dialogo tra un padre nostalgico e un figlio curioso del calcio che fu
Alex Iozzi

Napoli, ore 9 del mattino: un nuovo freddo giorno di novembre si presenta alla città più calda del pianeta intero. Un'umile famiglia inaugura il weekend nella maniera più tradizionale: latte, brioche e moka sopra al fuoco. Il primogenito di casa, dall'età di 9, ha contratto dal padre la "malattia del pallone": una tradizione, di fede unicamente partenopea, tramandata di generazione in generazione, a partire dai nonni che ormai riposano entrambi in un posto migliore. Il ragazzo è un tipo curioso, interessato ad approfondire ogni aspetto del mondo che lo circonda, soprattutto se relativo al calcio. A tal proposito, ogni volta che assiste a una qualunque partita in televisione seduto sul divano di fianco al padre, quest'ultimo, per una qualsivoglia ragione, non riesce a fare a meno di menzionare un nome: Diego Armando Maradona, suo idolo d'infanzia. Il giovane, dal canto suo, vuole indagare più a fondo; pertanto, smette di sorseggiare la sua tazza di latte freddo e pone al proprio genitore il fatidico quesito:

"Papà, ma perché parli sempre di questo Maradona?"

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L'uomo, all'udire di quella domanda, rimane paralizzato per pochi secondi: il suo cuore, a distanza di tre decenni, è ancora incapace di non saltare un battito quando sente pronunciare quel nome. Nel mentre la donna di casa, impegnata a preparare il caffè, alza gli occhi al cielo, consapevole di dover ascoltare, per l'ennesima volta, la solita storia trita e ritrita. "Figliolo, non so se sei pronto per le favole che non contengono fate, animali e insegnamenti", esordisce il padre. "Ma io voglio saperlo, papà", replica il figlio; e aggiunge: "Non fai altro che parlare di questo calciatore". "Va bene, hai vinto tu"; l'adulto poggia la tazzina contenente un buon caffè bollente sulla tavola e prende per mano il bimbo, accompagnandolo a sedersi con sé sul divano. "Apri bene le orecchie, perché voglio che memorizzi ogni parola di questo racconto. Tanto tu sei un bambino intelligente, no?". Il figlio, un po' imbarazzato, abbozza un sorriso mentre la faccia gli si colora di bordeaux. A ridosso delle 9:15, l'uomo prende coraggio, emette un sospiro e parte con la narrazione: "Hai presente le favole di cui parlavo prima?"; il bimbo fa cenno di sì con la testa. "Bene, quella che sto per raccontarti è la regina di tutte le favole partorite a Napoli".


"C'era una volta, nella nostra terra, un eroe proveniente dalla lontana Argentina. Aveva capelli ricci, era magrolino e alto più o meno 1 metro e 60: il suo nome era Diego Armando..."; "Maradona!", esclama tutto contento il figlio. "Sì, bravo, ma non interrompermi che altrimenti perdo il filo del discorso"; "Okay, scusa...". Riprende la parola il padre: "Dicevo, il suo nome era Diego Armando Maradona e nel giorno del suo arrivo, Napoli si trasformò in una grande festa. La città si innamorò subito di Diego e, viceversa, Diego si innamorò di noi. L'affetto era reciproco e, una volta ammirato in campo, si trasformò in ossessione. Aveva un modo di giocare a calcio unico: riusciva, grazie al suo mancino fatato, a trasformare un semplice sport in una forma d'arte, la più bella"; "Però non mi hai ancora detto perché ci sei così tanto legato", puntualizza il ragazzino. "Beh, hai presente le grandi potenze del Nord? Le varie Juventus, Milan, Inter che guardi in televisione?"; "Sì, papà"; "Ecco, Maradona le sconfisse tutte, portando Napoli in cima all'Italia e all'Europa"; "Come Kvaratskhelia!", esclama il figlio. "Senti, mi trattengo perché c'è mamma presente, ma la prossima volta che dici una stupidaggine simile ti faccio passare un brutto quarto d'ora!"; "Va bene..."; pronuncia silenziosamente l'ingenuo bambino, spaventato dalla reazione del padre.

"Papà, ma non hai dei video suoi da farmi vedere?", domanda il figlio appena rimproverato. L'uomo, che ha riacquistato in tempo record il sorriso, pesca una delle molteplici videocassette custodite nel mobile sopra cui è posizionata la televisione, prende in mano il telecomando e scaccia il tasto "play". Al termine della visione, il piccolo si gira verso il padre e, con voce tremante, domanda: "Papà, ma qualcuno è riuscito a prendere il posto di Maradona nel Napoli?"; e l'adulto, mentre una lacrime gli bagna il viso, risponde con convinzione: "Nessuno, figliolo... E nessuno ci riuscirà mai".

A cura di Alex Iozzi

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