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editoriali

Kvaratskhelia, da sconosciuto dal nome impronunciabile a idolo della città

Kvaratskhelia
Kvicha alla conquista di Partenope

Emanuela Castelli

Si scrive Kvaratskhelia, si legge Kvaradona, Kvaravaggio, Kvaraviglia: mille declinazioni per il nome inizialmente incomprensibile dello sconosciuto giunto dalla Georgia

Il Napoli di Luciano Spalletti trascina ed è trascinato da lui, Kvicha Kvaratskhelia: è lui il nuovo principe di Napoli

napoli torino

Quando è stato annunciato al termine dello scorso campionato dal Napoli, è stato accolto da perplessità ed incredulità: in molti pensavano sarebbe stato un panchinaro, ché no, non poteva quello sconosciuto proveniente dal “nulla calcistico” della Georgia davvero prendere il posto del Capitano approdato in Canada. “Ma comme se pronuncia, ‘sto nomme, né?”,Ma che r’è, nu codice fiscale?”,Ma veramente ‘stu georgiano adda sostituì Lorenzo Insigne?”. In molti attendevano il vero sostituto del 24, ché era chiaro che il giovane talento maglia nr. 77 non potesse essere all’altezza di un compito così gravoso.

Piacere, Kvicha Kvaratskhelia

Ma, già nel torrido mese di luglio, nella splendida Val di Sole, ha cominciato ad essere chiaro a tutti che un’altra stella stava nascendo e che era approdata, brillante ed irriverente, proprio nei cieli azzurri del golfo di Napoli. Dribbling, finte e controfinte, un controllo certosino del fisico, eccelsa visione della porta. La palla va tra i piedi di Kvaratskhelia, e sei certo che assisterai a qualcosa di bello. Dagli spalti del campo di Carciato si levavano, copiosi, cori in suo onore: il nome? Nessun problema: lo avevano imparato già tutti. E di quel sorrisino dubbioso e sconcertato delle prime settimane nemmeno più l’ombra. Il fischio d’inizio del Campionato ha sancito l’immediata proclamazione di un nuovo principe, georgiano di nascita, napoletano d’adozione.

Kvaratskhelia, Napoli ha un (quasi) re

Kvitcha Kvaratskhelia, principe di Partenope. Non re, non ancora. Per prudenza - sai com’è? - per scaramanzia. Eppure qualcuno l’ha tradita: ha tradito la proverbiale scaramanzia napoletana, ha preso la corona e gli ha imposto un nome altisonante, che fa vibrare i cuori, sospesi tra l’entusiasmo e la paura di infangare la memoria dell’indimenticato ed insostituibile re di Napoli: Kvaradona. E lui ci gioca, si intimidisce, si inorgoglisce: “Non è possibile: Maradona è troppo grande, troppo tutto”. Sa cosa significhi Maradona per il calcio in generale, per il Napoli in particolare. Sa, ha iniziato a capirlo, che Maradona è uno stato d’animo di perenne amore e gioia, è l’orgoglio che “ti leva gli schiaffi da faccia”, la vittoria di una città, di un popolo, in una Nazione avvertita come lontana, altra, diversa, talvolta finanche ostile. L’umiltà è la dote dei più grandi: e lui, il ragazzo che viene dalla calcisticamente poco esplorata Georgia, dimostra di averne, mettendosi a disposizione della squadra e seguendo i consigli del “maestro” Luciano Spalletti. Che lo bacchetta in pubblico, destando lo “storcimento di muso” dei soloni del bon-ton, i tuttologi da salotto autori de “La Bibbia dell’allenatore perfetto”. Lui, invece, ascolta l’allenatore ed esegue, meritandosi i complimenti al termine di Ajax-Napoli, per essersi “sacrificato” per la squadra. Perché così si diventa grandi. Così si diventa veramente campioni (vedere alla voce Maradona, appunto). E, se è vero che al momento “lo scudetto è un sogno, gli ottavi di Champions un obiettivo”, è altrettanto vero che né il Napoli né Kvara hanno limiti, ma possono crescere insieme, mano nella mano. Parola di Kvicha.