A poche ore dal non-calcio di inizio della solita, rumorosa sfida tra bianconeri e azzurri un rumore più acuto si fa spazio nelle orecchie di istituzioni sorde e (finte) cieche: questa voce grida buonsenso!
editoriali
Il Napoli non parte, la Juventus dovrebbe dire grazie e invece stuzzica: il paradosso che umilia l’Italia
Qualunque sarà la decisione di oggi, ciò che è successo verrà ricordato come il più grande atto di presunzione di un'associazione privata nei riguardi di un bene superiore.
Juventus-Napoli. L’errore è degli altri
La giornata di ieri ha messo alla prova le istituzioni sportive. Spoiler: esame fallito. Il caos completo generatosi ha scoperto un nervo che è più punto debole sociale che calcistico. Lo sport deve smetterla – non c’è più tempo per rimandare – di sentirsi allo stesso livello delle istituzioni governative, anzi, peggio, di credere di avere il diritto di influenzarle. Sarà anche un’industria al servizio dello Stato, ma non è lo Stato, non è uno Stato. O altrimenti si proclamasse tale.
Finché così non sarà, la Lega non può permettersi di scavalcare una decisione presa da un piano più alto, né di discuterla. O ancora, e lo precisiamo con forza, non può battere i piedi a terra invocando il rispetto di un protocollo inventato a posteriori, a guaio concluso, due giorni fa.
Ha ragione chi afferma che prima di oggi nessuna ASL sia intervenuta a blocco delle rispettive squadre di competenza territoriale, ma è pur vero che un contagio massiccio come quello del caso Genoa non si era mai ancora verificato. Di più, se l’ASL della Lanterna non avesse permesso la partenza per Napoli ai rossoblu, a conti fatti ora staremmo parlando del niente.
Se andiamo a ritroso, l’errore sta a monte: era sbagliato l’assopimento, il bearsi dell’idea che i calciatori fossero Thor e Capitan America,impossibili da infettare e superiori al bene comune e collettivo; il mandare a giocare il Milan per tutta Europa con diversi contagi in atto e con la possibilità che qualcuno ancora stesse incubando il virus.
Non è sbagliata, invece, la pacca di buongiorno e bensvegliati dell’ASL1 di Napoli, che ha palesato solo un’evidenza che prima si taceva per non vedere e giocare, come fanno i bambini: questo protocollo, questo calcio con questi calendari e il buon vecchio Covid-19 non stanno bene insieme. L’errore è degli altri.
Il calcio che è Stato
Oltre al danno, il Napoli rischia lo 0-3 a tavolino. Questo perché la Lega ha voluto mantenersi salda sulle proprie posizioni ieri sera, con una nota passivo-aggressiva quasi quanto il comunicato della Juventus (“noi scenderemo comunque in campo”, ndr):
“La Lega Serie A conferma che la gara Juventus-Napoli, valida per la terza giornata di campionato, resta in programma per domani alle 20.45"
Una storia di pagliacci e maschere, di ossequio ad un regolamento che dimentica la prassi comune, che erge il mondo del calcio a ente superiore quando in realtà per primo non ha osservato con lungimiranza né valutato le proprie stesse possibilità. Come si poteva pensare di portare avanti una stagione senza un regolamento a tutto tondo, rattoppato con una noticina scritta su due piedi/con i piedi in 10 minuti in itinere? Il caso Genoa ha – giustamente – fatto da precedente. Nessuna squadra può permettersi di ritrovarsi in rosa 20 positivi.
Eppure la Juventus, per mantenere lo status di società rigorosa e devota alle cause della Lega, sembra non interessarsi alla faccenda, pur avendo riscontrato nella giornata di ieri due positività al Covid-19 (non nel gruppo squadra, ndr). Pirlo schiererà comunque i suoi uomini, i bianconeri occuperanno docce e spogliatoi, magari si scalderanno anche per ammazzare il tempo. Forma pura, linea di principio portata a livelli stellari ed estremi. Che il Dio del buonsenso colpisca la Lega subito. Sì, il campionato deve continuare, come la vita. Con criterio, però.
Ma se la partita si fosse giocata e mercoledì Cristiano Ronaldo, Dybala o chi per loro fossero risultati positivi, cosa avrebbero pensato?
Siamo al paradosso: l’untore non vuole ungere e i possibili unti vogliono divenire unti certi.
In cuor loro, sotto l’involucro vuoto del fiscalismo mistico sempre ostentato, stanno ringraziando il Napoli. Magari avrebbero fatto lo stesso. Non c’è più gioia né trasparenza in questo calcio che è Stato.
E adesso?
Non c’è scampo: la decisione di non giocare porterà al campionato non pochi problemi. D’ora in poi, se la gara di oggi venisse rinviata ogni ASL potrebbe nei rispettivi territori impedire la partenza di una squadra per una qualsiasi trasferta, costringendo continuamente la Lega a rinviare gare su gare, a cercare date dove non ci sono (ma una revisione ai calendari una buona volta, no?), a incastrare i giorni come neanche un Wedding Planner.
Dall’altro lato, uno 0-3 a tavolino provocherebbe sdegno e verrebbe inteso come precedente contrario, una posizione a-statale che partorisce grossa anarchia. Ma vivere ai margini delle istituzioni è roba da Sherlock Holmes, il mondo civile è altro. Allora, calcio e Covid-19 possono convivere?
Nelle coppie una crisi porta sempre ad una pausa di riflessione: allora sediamoci tutti senza buttare la testa verso i piedi come i tori accecati dal drappo rosso. Ci fermiamo tutti e ragioniamo, troviamo una strada e non ci alziamo finché non siamo d’accordo tutti, dopo aver valutato tutte le posizioni e guardato il cubo in ogni sua faccia. Ma com’è possibile che non sia stato fatto prima?
Il modello europeo ci imporrebbe di giocare, di tirare avanti sempre. Sì, la stessa Europa che conta in Francia 10mila casi di Covid-19 al giorno e qualche migliaio in meno in Inghilterra e Spagna. Ma loro giocano sempre. Quindi delle due l’una: al di là di cosa succederà per Juventus Napoli, decidiamo quale idea seguire, quale partita vogliamo vincere.
A cura di Mattia Fele
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