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editoriali

Dal «galattico» Guti a Khvicha Kvaratskhelia: storia di una giocata senza senso

Dal «galattico» Guti a Khvicha Kvaratskhelia: storia di una giocata senza senso - immagine 1
La magia del calcio che avanza senza mai perder d'occhio il passato

Gennaro Del Vecchio

Un enorme ponte capace di unire Spagna e Georgia. L'indirizzo è Via Talento. E rende La Coruna e Francoforte due teatri che hanno lo spettacolo del Gran calcio in comune. È il 2010, le radio mondiali suonano Alors on Danse di Stromae e Guti decide di realizzare un qualcosa di illogico. Stiamo parlando del taconazo per Benzema. Una piccola finta di tiro con annesso tacco per il francese alle spalle. Come se avesse gli occhi dietro la testa e giocasse con un joystick tra le mani. Manifestazione di superiorità mentale infinita. Dominante. Che prima vedi e poi ti stropicci gli occhi perché ancora non ci credi di aver visto qualcosa di simile.

Dal Riazor al Deutsche Bank Park. Da Guti a Khvicha Kvaratskhelia. Da Benzema a Di Lorenzo. Quasi come legati da un filo indissolubile. Perché la giocata vista nel gennaio di 13 anni fa è la medesima a cui abbiamo assistito martedì sera. E forse non ci stancheremo mai: da vedere e rivedere in loop. Controllo volante del 77, tacco no look per l'ex Empoli e siringa nell'angolino destro di Trapp. Cambiano gli interpreti, ma l'idea - e la realizzazione - rappresentano mimesi pura. E quanto visto ieri assume ancor più valore se si guarda il contesto in cui galleggiava Kvara. Rigore sbagliato ed occasione del raddoppio fallita davanti al portiere, ma il 2001 è campione prima nella testa poi con i piedi: riesce a restare in partita senza mai soffrire il peso mentale di alcun evento.

Kvaratkshelia come Guti

kvaratskhelia dinamo kvara
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«Il mio idolo è Cristiano Ronaldo, anche se il mio primo amore è stato Guti del Real Madrid. Quando giocavo con gli amici a Tbilisi, la mia città, indossavamo magliette bianche: io, dietro, scrivevo il suo nome» - sottolineò in un'intervista rilasciata ai microfoni di Dazn proprio l'ex Rubin Kazan. Come smentirlo? Kvara fa calcio. Che sia con la sfera tra i piedi o in movimento senza palla: vederlo giocare è poesia pura. Piedi sulla linea e sguardo rivolto verso il centro del campo, a tagliare in due manto erboso e squadre avversarie. Ricorda i grandi del passato, ma rappresenta solo il nuovo che avanza. Avanza forte. Quasi a disturbarti per farti capire che lui c'è, e non ha intenzione di fermarsi. Anche ieri: fa fatica, poi si sveglia e conclude in cattedra come se giocasse in Champions League da una vita. Sorprende la naturalezza delle sue azioni, ma è una delle sue qualità, non avverte cambi di scena. Ha un solo copione: mangiarsi il mondo. E lo fa praticamente sempre. Ti punta e ti salta. Va sul fondo o ti divora avanzando per linee centrali. Non ha mezze misure, vuole solo colpirti per lasciare il segno. Ancora ed ancora.

Affamato. Insaziabile. Anche quando pare innocuo, è li pronto a stravolgerti i piani. Quasi prende in giro gli allenatori che non dormono la notte per cercare soluzioni su come bloccarlo e te lo ritrovi a fare qualcosa di diverso alla partita dopo.

Dai creatori di sogni - Los Galacticos - agli inseguitori di sogni - i ragazzi di Spalletti. Il taconazo che si ripete: Guti crea e Kvara che studia e replica. Far conciliare calcio e talento è sinonimo di bellezza. Ecco: "La Grande Bellezza".

A cura di Gennaro Del Vecchio

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