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editoriali

Il calcio è pure georgiano, nigeriano e kosovaro: la «rivoluzione Giuntoli» è slancio culturale

Mattia Fele
Mattia Fele Editorialista 

Cristiano Giuntoli, l'uomo accovacciato sulle sue stesse cartacce. Sul suo taccuino, a rimuginare. Sui suoi video, sul proprio studio. Ha insegnato all'Europa a guardare a Est, è un pioniere in un'Italia dai tanti retaggi pure nel calcio

Il valore incontrovertibile dello Scudetto del Napoli passa per le mani callose di Cristiano Giuntoli. Per l'app del suo smartphone che conta i passi effettuati in giro per il mondo a scovare, con cappellino e occhiali da sole, i talenti più adatti nel momento più adatto. Qualunque sarà il suo futuro, il d.s. ha dato per 8 stagioni l'impressione di dominare con uno sguardo quasi dall'alto il panorama europeo del talento, spingendosi pure più in là, dove nessuno guarda. Poi compra i campioni e tutti improvvisamente si svegliano, in una caccia all'avevo visto anch'io, poi me l'hanno fatta sotto al naso. 

Eurocentrismi

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La verità nuda e cruda - triste, nel 2023 - è che in Italia il calcio si pensa solo europeo, o al massimo brasiliano e argentino. Perché i calciatori si vanno scovando solo nelle nazioni le cui squadre nazionali hanno nel Palmarés Mondiali, Europei, Coppe d'America. Come se nessun asiatico sapesse giocare a calcio. Non è un caso che Victor Osimhen sia il calciatore africano con più gol all'attivo in Italia con sole 47 reti dopo Weah, e che Eto'o sia arrivato all'Inter dopo essere già stato campione al 100% a Barcellona. All'avviso di chi scrive, c'è da sempre un'italiota presunzione di conoscere dove, come, perché e cosa sia il calcio a 360gradi. Giuntoli ha avuto da sempre il merito di fregarsene dei paradigmi precostituiti e andare alla ricerca in luoghi mediaticamente anonimi di brave persone, buoni uomini, affamati di calcio. Famelici di successo perché partiti dal nulla, o scontenti perché talentuosi ma maltrattati in un ambiente senz'anima. Napoli ha l'anima piena, invece. Così non si può non dare a Giuntoli la palma del cosmopolitismo, in contrasto a un eurocentrismo del pallone che viene dall'Italia. L'Italia agli italiani e tutti quei discorsi sulla Nazionale che non funziona perché Spalletti, Pioli o altri non schierano abbastanza giovani. Come se fosse scontato che in Italia nascano ogni 10 mesi grandissimi calciatori. L'Italia, un Paese che è un sesto del Messico per estensione. Anche per questo lo Scudetto del Napoli è insegnamento, è valore contro il disvalore dei media nazionali che affibbiano tutto il giusto e il bello al Nord.

Giuntoli ha fatto cultura quanto il Napoli di Spalletti, Spalletti stesso e De Laurentiis. Ha spaccato il famoso Palazzo della Serie A, ha scovato Kvaratskhelia ed è stato invidiato, non apprezzato. È stato temuto. Ogni squadra che ha giocato contro gli azzurri aveva bisogno di un mental coach a parte per due volte l'anno per sedute specifiche sui terzini destri. Calabria è passato ai media come un muro nonostante il georgiano l'abbia saltato 30 volte in 4 partite. Per non parlare di altri, pure inferiori all'italiano. Tutto questo perché il mondo della comunicazione in qualche modo non poteva inconsciamente comprendere come un fenomeno del genere abbia capito così in fretta il calcio italiano. Ah, questo calcio incomprensibile! Invece Kvara è atterrato e ha detto: faccio la differenza, ora. E l'ha fatta dal Verona fino allo Scudetto contro l'Udinese e alla festa contro la Fiorentina. Perché il calcio è uno solo. L'ha fatta in Champions, dov'è stato elogiato dal New York Times che non regala colonne cartacee proprio agli ultimi arrivati. Tutto merito di Giuntoli, che semplicemente vede calcio e lo conosce. Sa cosa sia la verticalità, sa quali caratteristiche vadano individuate in un uomo e in un calciatore se hai un allenatore che gioca col 4-3-3 o col 3-5-2. Non si fa attrarre dai nomi. Anche per questo, sarebbe curioso vederlo alla Juventus o al PSG: due casi rari di squadre che comprano arrabattandosi, come i cuginetti di 13 anni sulle carriere allenatore su FIFA o come gli adolescenti su Football Manager. Pogba, Di Maria, un Icardi buttato un po' lì, poi un Fabian Ruiz ma lo teniamo in panca. Un Paredes selvatico. Giuntoli potrebbe far rinascere qualunque progetto, fermo restando che ha ancora un contratto col Napoli di cui si parlerà, e che nel Napoli il gruppo dello scouting è formato anche da un altro fenomeno di nome Micheli. Uno dei fautori delle imprese titaniche di cui sopra. Il calcio è oggetto di studio, non è solo rotolare sul prato e non è una roba semplice come molti vogliono far credere. Giuntoli studia e ha una marcia in più che è stata tra gli incastri di stelle del Napoli del Terzo Scudetto. Comunque vada.

A cura di Mattia Fele

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