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editoriali

Garcia e lo studio del calcio moderno, come due rette parallele che non si incontrano mai

garcia
Qualcuno di buona volontà faccia capire alla piazza che Garcia allenerà il Napoli fino a giugno a meno di clamorosi scivoloni. Dopodiché il francese studi per migliorare sé e gli altri con cui lavora
Mattia Fele
Mattia Fele Editorialista 

Il grande assurdo (tra gli altri) della gestioneGarcia risiede sicuramente nel non star facendo rendere questa rosa quanto avrebbe dovuto. Non che non ci siano delle responsabilità da parte dei calciatori, come sembra evidente ed appurabile da alcune prestazioni molto sottotono e in generale da atteggiamenti di sconnessione in campo in alcune partite. I primi due gol presi dal Milan sono uno degli esempi ma non è che il contropiede preso dall’Union lo sia di meno. I tedeschi prima o poi – legge dei grandi numeri – avrebbero dovuto smettere di perdere e non è proprio un caso che ci siano riusciti contro un’altra squadra-cantiere. Il Napoli a volte non ha capo, coda e spina.

Ma dove si va, se si va

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Non ci sono dubbi che la platea urlante non vorrebbe altro che risolvere la questione con l’isteria dell’esonero immediato, che non solo sconfesserebbe una scelta ma porrebbe l’obbligo di prenderne un’altra anche subito, hic et nunc, pescando in mezzo al mare degli incerti o dei lasciati a casa. Gli allenatori in circolazione che non siano Garcia di certo non hanno i nomi e i cognomi di Pep Guardiola o di Jurgen Klopp, sono bensì o buoni traghettatori (ma accetterebbero?) o comunque personalità non per forza in grado di dare di più da un punto di vista tecnico-tattico. Forse migliori teorici ma non per forza migliori applicatori. Come si esce allora dall’empasse? Ci si rassegna, si prende il buono sopportando la gramigna del grano che si raccoglie. Garcia sarà molto probabilmente l’allenatore del Napoli (almeno) fino a fine stagione, poi ci sarà un’altra mini-rivoluzione con l’addio di Osimhen e altri. E punto e da capo. De Laurentiis ha vinto con un ciclo intensivo durato praticamente nemmeno un anno.


Va però detto e certificato che l’allenatore francese è ancora in tempo per non fare danni inenarrabili. Può fare una stagione da terzo posto in campionato, battersi per i Quarti di Champions e andare in fondo in Coppa Italia. Questo perché ha dei talenti forti che possono comunque risolvere con i propri spunti (che siano preparati o meno) molte delle partite in calendario. Anche il Napoli di Spalletti viveva d’istinti singolari, per quanto immersi in un orologio perfetto. A Torino contro Juric a marzo scorso come in molte altre occasioni, tra cui una anche contro lo stesso Empoli che Garcia sfiderà domenica alle 12:30. Due guizzi, uno che ha portato ad un rigore (che Lozano tirò malissimo ndr) e un altro di Zielinski. Ma un’ora di partita orrenda. Questo per dire che esistono anche le annate storte e dritte.

Una volta gestita la paturnia e tornati alla rassegnazione della dimensione del Napoli di quest’anno, allora sì che si potrà analizzare cosa Garcia possa sfruttare meglio. In un’annata per ora resa “salva” o “accettabile” da un Raspadori a fiamma viva e uno straordinario asse Politano-Zielinski tra esterno e centrocampo. Un Kvaratskhelia 17esimo su 30 al Pallone d’Oro. Proprio in virtù di questo si dovrebbe riuscire a dare a questo undici un impianto di gioco quanto meno visualizzabile, identificabile, riconosciuto. Non che “se vinciamo, vanno a saltare in 6. Se perdiamo, in 7”. Questo non è calcio di alto livello e non è studio. Ecco, sullo studio – come chi scrive spesso riporta ai propri ragazzi in classe, tutti i giorni – non è mai, mai troppo tardi.

Di Mattia Fele

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