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editoriali

E se il problema del nostro calcio fosse (anche) l’iper-valutazione degli italiani?

Giovanni Ibello

Flop Nazionale, un punto di vista controcorrente

L'edizione odierna di Repubblica fa il punto sui grattacapi (tanti) di Gabriele Gravina. Il presidente della FIGC - anche per una questione di buon gusto - è stato chiamato a dimettersi, ma ha già detto che non farà questo gesto. Come da tradizione italica, il numero uno del nostro calcio resta ben saldo sulla sua poltrona.

Flop Nazionale, un punto di vista controcorrente

Così come si apprende sul noto quotidiano, ora la vera sfida sarà quella di schierare più italiani, sia a livello di prima squadra che di campionato giovanile. Un proposito che secondo il parere di chi scrive è sicuramente giusto, ma che non può andare a toccare le sacre logiche della meritocrazia. Il campo deve essere l'unico integerrimo giudice e se lo straniero è più forte è giusto che prenda il posto dell'italianuccio viziato e coccolato dal procuratore.

Anzi, non ce ne vogliano i giocatori della Nazionale italiana, ma spesso il problema è di segno opposto: è ben possibile che calcio italiano soffra proprio a causa di una ipervalutazione dei cartellini degli italiani. Basti vedere quanto chiedono i rispettivi club per i vari Frattesi, Berardi, Belotti... Giocatori sicuramente di valore ma che non possono essere valutati come dei top player. Ed è francamente ovvio che se la richiesta per Belotti è pari a 80 milioni di euro il Napoli va a prendersi Osimhen, è il più fisiologico dei sillogismi. Se il Napoli prende Osimhen (la Roma Abraham e via discorrendo), Belotti resta prigioniero al Toro; Berardi resta in provincia, ecc. In estrema sintesi questi calciatori non giocano le competizioni internazionali e, dunque, non crescono come professionisti.