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Fascino, mito e magia: l’onore di celebrare Maradona, l’uomo della rivoluzione

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Diego avrebbe oggi compiuto 63 anni e avrebbe portato ancora e ancora Napoli sul petto, con la fierezza di un padre
Mattia Fele
Mattia Fele Editorialista 

Quanto è bello ricordare Diego Armando Maradona. Nelle sue giocate come nella sua enorme personalità al di fuori del rettangolo verde. Diego è stato il miglior politico della storia del calcio. Ha mosso e smosso cervelli e cuori, influenzato uno sport intero che oggi è puro oppio dei popoli. Ma lo ha fatto per il bene. Verso i più deboli, difendendoli dai soprusi (molti) dei potenti. Ha sradicato un potere che stava erodendo il Sud anche emotivamente oltre che economicamente. Sai cosa significa segnare 6 gol in casa degli Agnelli? Un principio calcistico rimandato al culturale: solo uno come lui poteva farsi pioniere di un così grande binomio. Prendendosi poi tutto sulle spalle.

63 anni

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Oggi sarebbe stato il suo compleanno e non può che essere festeggiato come se fosse ancora qui. A Napoli è effuso nell'aria ed importante quanto il Vesuvio, caratteristico quanto il mare. È parte dei sampietrini dei Quartieri Spagnoli, guarda dall'alto la zona Est attraverso il bellissimo murale di San Giovanni. Diego ha stravolto Napoli ed è stato a sua volta stravolto. Non basterebbe un libro - e ce ne sono a trilioni e infatti non sono mai abbastanza - per racchiudere le sue giocate, i suoi gol, le sue vittorie. Ma anche le sue sconfitte, umane e personali quanto in campo. Quei maledetti Mondiali 1994, ma pure l'errore nel 1990 dopo aver poi vinto nel suo San Paolo, nella sua Fuorigrotta contro l'Italia. Paese d'adozione ma sempre con distacco, fino a un certo punto. Lo straordinario gol del 22 giugno 1986 che oggi non avrebbe mai potuto segnare. A testimonianza ancor di più che il mondo abbia voluto darci Diego in un certo periodo della civiltà umana, per darci e dirci qualcosa che nessun altro aveva prima mai fatto e che difficilmente sul piano umano si ripeterà. Nessuno potrà mai eguagliarne lo spessore, la magia, il fascino. Diego aveva tante debolezze come ogni uomo sensibile e importante. Ma sapeva cos'era il buono e sapeva distinguerlo dal meno buono. Alcune narrazioni parlano di lui come un dissoluto e invece il 10 ha sempre avuto la coerenza della vicinanza ai meno abbienti, ai sofferenti. È sempre raccontato come un buon amico perché lo è stato, anche per gli sconosciuti o gli appena conoscenti. E la cosa più straordinaria è che chi scrive non ha vissuto neanche un minuto della sua carriera calcistica. Eppure ne parla colpito a tal punto. Questo a ragion del fatto che la sua è un'entità perenne, eterna come il riciclo delle stelle e come il mare che continua a fare il suo lavoro tutti i giorni. Diego resta nella voce dello stadio a lui intitolato prima di ogni partita. Maradò. Lo cantano tutti e il riverbero musicale diventa un canale comunicativo con l'altra parte. Diego risponderà sempre presente per Napoli dovunque egli sia. Maradona viene ricordato e soprattutto tramandato come la più bella storia, il più bel mito, la più bella tradizione di una città intera. Peccato che non tutti la pensino così. In Argentina è come un padre e un fratello, come un Dio a tutti gli effetti. Quanto laico non si sa. Di certo se un uomo ha potuto così tanto unire popoli e menti è perché aveva pazzesche doti politiche e grandi valori. Siamo certi che approverebbe poco del calcio di oggi ma avrebbe saputo dare - con il solito giusto, duro peso alle parole - la lettura giusta. Anche di un Napoli che ha vinto e oggi barcolla. Avrebbe saputo trovare la via. Come nel gol del secolo. Tra i difensori. Come nella vita, tra le leggi scritte e non. Diego Armando Maradona è stato la rivoluzione. Buon compleanno, D10S


Di Mattia Fele© RIPRODUZIONE RISERVATA

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