calcionapoli1926 editoriali Ma non era Conte l’allenatore che snobbava le coppe?

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Ma non era Conte l’allenatore che snobbava le coppe?

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Lezione numero 1 del manuale a opera di Antonio da Lecce: come zittire le insignificanti chiacchiere da bar
Alex Iozzi

Il Natale targato "2025" ha un sapore più dolce per gli abitanti di Partenope e dintorni: la Supercoppa Italiana è tornata a Napoli undici anni esatti dopo la celebre notte di Doha. Tre marcature siglate da un David Neres in stato di grazia e una rete di Rasmus Hojlund mandano al tappeto Milan e Bologna in 180', tra semifinale e finale, senza troppa storia. Eppure, alla vigilia della partenza per Riyadh, gli immancabili detrattori dell'uomo che siede sulla panchina azzurra non hanno perduto occasione per dar fiato inutilmente alla propria bocca.

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"A Conte interessa soltanto del campionato"; "La trasferta in Arabia Saudita non gli va molto a genio"; "Dovesse uscire contro il Milan, non ne farebbe un dramma". Questo il principale trittico di frasi pronunciate dagli analisti da bar (alcuni di essi, persino tifosi) che ha accompagnato i giorni antecedenti alla disputa della Supercoppa da poco passata agli archivi. Il risvolto di tale mini-torneo, per i suddetti individui, è stato un boccone piuttosto arduo da digerire.


Sin dal fischio d'inizio dello scontro con i rossoneri, il rettangolo verde ha evidenziato la maniera differente con cui la compagine campana ha approcciato la breve tournée asiatica rispetto alle avversarie. Due i punti focali: le scelte di formazione e l'atteggiamento in campo. Eccezion fatta per Noa Lang e Buongiorno, limitati a guardare i compagni giocare più per scelta tecnica che per effettiva voglia di fare turnover, il mister salentino non ha escluso nessun titolare dal duplice impegno, a differenza di chi, per citare i nomi maggiormente rilevanti, ha rinunciato a due signori come Luka Modric e Lautaro Martinez dal 1° minuto. Inoltre, né le milanesi né l'outsider Bologna hanno mostrato una famepari a quella degli azzurri, costantemente pronti a mordere le cavigliee ad azzannare la preda nel momento più adatto: domandare al duo Ravaglia-Lucumí, vittime del già citato Neres, per ricevere conferma.

Una mentalità assimilata da un gruppo e inculcatagli da un Condottiero (non a caso, con la C maiuscola) che pretende un innalzamento del livello da parte dei propri soldati quando si presenta la possibilità di porre un trofeo in bacheca. Alla faccia dello "snobbare le competizioni extra-Serie A"! Negare l'oggettivo sarebbe sintomo di scarsa obiettività: nell'Era De Laurentiis, esiste un prima e un dopo Antonio Conte, come testimonia anche la 'doppietta' Scudetto-Supercoppa che mancava dai tempi di 'Sua Maestà' Diego Armando Maradona; a onor di cronaca, dal settembre 1990. Un vanto, tra i tanti, che candida lo 'juventino', appellativo affibbiatogli dai 'gufi' a lui tanto cari, alla palma di "miglior allenatore nella storia della Società Sportiva Calcio Napoli".

A cura di Alex Iozzi

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