Sin dal fischio d'inizio dello scontro con i rossoneri, il rettangolo verde ha evidenziato la maniera differente con cui la compagine campana ha approcciato la breve tournée asiatica rispetto alle avversarie. Due i punti focali: le scelte di formazione e l'atteggiamento in campo. Eccezion fatta per Noa Lang e Buongiorno, limitati a guardare i compagni giocare più per scelta tecnica che per effettiva voglia di fare turnover, il mister salentino non ha escluso nessun titolare dal duplice impegno, a differenza di chi, per citare i nomi maggiormente rilevanti, ha rinunciato a due signori come Luka Modric e Lautaro Martinez dal 1° minuto. Inoltre, né le milanesi né l'outsider Bologna hanno mostrato una famepari a quella degli azzurri, costantemente pronti a mordere le cavigliee ad azzannare la preda nel momento più adatto: domandare al duo Ravaglia-Lucumí, vittime del già citato Neres, per ricevere conferma.
Una mentalità assimilata da un gruppo e inculcatagli da un Condottiero (non a caso, con la C maiuscola) che pretende un innalzamento del livello da parte dei propri soldati quando si presenta la possibilità di porre un trofeo in bacheca. Alla faccia dello "snobbare le competizioni extra-Serie A"! Negare l'oggettivo sarebbe sintomo di scarsa obiettività: nell'Era De Laurentiis, esiste un prima e un dopo Antonio Conte, come testimonia anche la 'doppietta' Scudetto-Supercoppa che mancava dai tempi di 'Sua Maestà' Diego Armando Maradona; a onor di cronaca, dal settembre 1990. Un vanto, tra i tanti, che candida lo 'juventino', appellativo affibbiatogli dai 'gufi' a lui tanto cari, alla palma di "miglior allenatore nella storia della Società Sportiva Calcio Napoli".
A cura di Alex Iozzi
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA


/www.calcionapoli1926.it/assets/uploads/202512/c67392956a311fc127c73ee557c14941.png)