La prima volta è sempre così: non sai mai cosa aspettarti. Da questa, però, ne esci cambiato - appunto - per sempre. Perché entri in contatto con un istinto diverso da quello che il tuo corpo da infante ha sempre pensato di poter recepire. Ti ricordi il volto, la sua voce a distanza di anni, momenti passati mano nella mano rischiando di trasformarti in un peperone ottimo per farcire una pizza, oppure un panino, anche solo nei sogni più reconditi. Tutte cose che non dimenticherai mai, che ti porterai dentro durante la crescita. Perché chi ha amato davvero permetterà all'altro di scavare un solco profondo nel proprio spirito. Magari questa legge non scritta non varrà per tutti, ma io del mio primo amore ricordo tutto.
Il mio primo amore aveva i capelli lunghi, indossava un cerchietto, portava sulle spalle il peso della numero 7 e ogni maledetta domenica faceva irruzione nelle proprietà private delle retroguardie avversarie senza neanche chiedere il permesso. Ricordo persino il giorno del primo appuntamento: 9 gennaio 2011, più di un decennio fa. Un cannibale d'area di rigore annientava da solo una Juventus allo sbando con tre colpi di testa da vero bomber di razza. Piango anche solo a raccontare tale esperienza. Nostalgia canaglia. Le stesse lacrime che avrei poi versato dalla gioia durante l'estate dello stesso anno, il 24 luglio, quando con la Celeste avrebbe riportato a casa una Copa America che mancava da ben sedici anni. Durante quella spedizione non era nelle migliori condizioni, infortunato al ginocchio a causa di un brutto intervento di gioco, ma rimaneva comunque il più forte di tutti.
...ma quanto m'ha fatto stà bbuon"
—Ciò che lo rendeva speciale ai miei occhi era quanto di più bello si possa desiderare da una relazione: riusciva a farmi sognare, a farmi volare con la mente verso posti inesplorati e del tutto fittizi, frutto della mia fantasia fanciullesca. Riusciva a farmi sentire invincibile, perché al suo fianco non sarei potuto uscire sconfitto dalle mie battaglie. Mi faceva sentire come lui: inscalfibile, capace di compiere le imprese più disparate, le rimonte da lasciare il tifoso a bocca aperta marchio di fabbrica di un'epoca d'oro nell'ottica di colui che sta componendo questo articolo. Le trasferte nel Centro-Nord Italia, i viaggi in giro per l'Europa, e man mano ogni città finiva sotto il suo dominio, inarrestabile per qualunque accenno di vita umana. E poi quella finale di Roma, quel 20 maggio del 2012, l'emozione più forte vissuta insieme, il simbolo di una città che stava pian piano tornando nel posto che gli compete dopo anni di buio.
Fino ad arrivare alla separazione, quel tragico pomeriggio di metà luglio, che ancora una volta compare quando si parla di date storiche. Quel passaggio in Francia, quel trasferimento all'ombra della Torre Eiffel che non potevo sopportare, perché era come se avessi perduto una parte di me, se non tutto. Ero troppo piccolo per seguirlo, e fummo costretti a percorrere strade opposte, a malincuore. Anzi, con il cuore a pezzi. Ogni ferità, però, trova sempre il modo per guarire e, passata la delusione, avrei ricominciato ad esultare ad ogni sua marcatura anche se non realizzata con indosso i colori del mio popolo. Sapete, per concludere, cos'altro non ho mai dimenticato? La data del suo compleanno. Caso vuole che coincida con il giorno di San Valentino: il 14 febbraio. E da diciannove anni a questa parte, è così che mi piace celebrare la festa degli innamorati. Perché quando mi chiedono: "Alex, che cosa cade il 14 febbraio?", la mia risposta, prontamente, è sempre la stessa: "'O compleanno 'e Cavani".
A cura di Alex Iozzi
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