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editoriali

Spalla a spalla? L’appello di Benitez inascoltato da quasi dieci anni: i tifosi non si sentano soli

(Getty Images)

La storia recente della SSC Napoli non è cambiata con il calcio adamantino di Maurizio Sarri, bensì 3 anni prima quando Rafa Benitez, coadiuvato dal ‘genio’ di Manuel Quillon, ha avviato il processo di internazionalizzazione di...

Giovanni Ibello

La storia recente della SSC Napoli non è cambiata con il calcio adamantino di Maurizio Sarri, bensì 3 anni prima quando Rafa Benitez, coadiuvato dal 'genio' di Manuel Quillon, ha avviato il processo di internazionalizzazione di questa società. E non è un caso se proprio con il manager spagnolo il Napoli a distanza di quasi 30 anni ha sfiorato una finale europea.

Il guru Benitez era irreprensibile anche di fronte ai microfoni, tanto è vero che in più di una circostanza ha dato all'ambiente dei consigli preziosi sulla gestione dei momenti clou di una stagione. Quelle piccole cose che a giugno fanno la differenza tra chi festeggia e chi resta malinconicamente a guardare. Ma su questo concetto torneremo poi. Dal punto di vista squisitamente mediatico, il Napoli, pur avendo un bacino d'utenza mostruoso, è pressoché "solo".

Benitez e lo "spalla a spalla". Bisogna rispolverare questo concetto!

 (Getty Images)

Se le tre big del nostro calcio (dividendosi la maggioranza dei tifosi italiani), sono legittimamente spalleggiate dai grandi editori, la sensazione è che i partenopei si trovino in mezzo al guado. Insomma, Napoli spesso deve fronteggiare finanche il fuoco amico.

Senza voler ingenerare l'ormai retorico pianto meridionalista, è un dato di fatto che in diverse reti private del nord (per non parlare di quello che si legge sui siti di informazione sportiva), il Napoli sia "tollerato" più che rispettato. Ed è altrettanto evidente che la rappresentazione iconografica del tifoso partenopeo non può prescindere dalla macchietta 'verace e sguaiata'.

Napoli resta così relegata in una dimensione clownesca e rassegnata, come se il napoletano deve per forza 'far ridere nel dramma'; come se una sentenza irrevocabile abbia condannato questo popolo a vivere nella farsa. Una solfa ripetuta ad libitum da decenni ormai, quella del sole ammaliante e spietato, basta leggere uno stralcio di questa lettera inviata da Gianni Brera al collega Gino Palumbo.

La domanda è: perché a Napoli è così difficile vincere? La risposta di Brera è antropologica: "Io credo che da voi il clima acceleri la fine degli atleti (cibo, aria afrodisiaca, gente), sciroccandoli dolcemente. Perché non nasce neanche un Berruti? Occorrerebbe importare 500 mila donne di razza nordica già fecondate da nordici e sperare che i loro figli diventino come Dennerlein o Schnellinger, con rispetto di tutto e di tutti e che poi giochino al Calcio. I norditaliani sono alpino-mediterranei, non nordici”. Un'ipotesi quanto mai bizzarra, basta farsi un giro al Camp Nou di Barcellona...

Barcellona, un esempio chiaro di quanto l'amenità del clima possa penalizzare i calciatori...

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Ma torniamo al calcio. Questa percezione "reietta" aumenta esponenzialmente in un contesto molto altalenante, come quello che il Napoli ha vissuto (e sta vivendo) nelle ultime due stagioni. In altre parole, se altrove il club azzurro è visto come un qualcosa da estromettere quanto prima dal tavolo dei grandi, in città non ci si ingegna per compattare l'ambiente e "parare" gli strali in entrata. Possibile che Napoli debba sempre prestare il fianco? A volte sembra che la città sia settata solo su certe frequenze.

Fatto salvo il diritto di cronaca, è assai difficile pensare che De Laurentiis voglia smobilitare la squadra nel mercato estivo: ricordiamo ai nostri lettori che il Napoli secondo l’IFFHS (international federation of football history and statistics) è il dodicesimo club al mondo dell'ultimo decennio. Un motivo ci sarà, no?  Gli azzurri si stanno giocando una fetta importante del proprio futuro ed è per questo, che mai come adesso, bisogna rispolverare quel concetto di "spalla a spalla" di cui parlava Benitez. Mai come quest'anno, anche l'ambiente dovrà fare la sua parte.