Bellezza Kolarov! Sia benedetto. Nel mollame e nel morbidume della Roma di questi tempi, le sue parole sono lo choc che serve a poche ore dall’arsenico delle Meringhe, pure loro malaticce ma non fidiamoci. Sacrosanto Kolarov. Tre, mica una, boccate d’ossigeno che disperdono l’aria viziata di casa, quando apri la finestra e da fuori arriva una folata di Maestrale. Fateci caso. In conferenza stampa, quando parla il giocatore, l’allenatore guarda di solito altrove per non condizionarlo. Osservate Di Francesco alla sua sinistra mentre Alessandro il Grande molla le sue ruvide bombe: Eusebio lo guarda prima sorpreso, poi sbalordito, un filo smarrito, quindi ammirato. Cosa ammira Eusebio? Esattamente quello che ammiriamo noi. Un calciatore che sceglie di non fare il ruffiano, che non liscia il pelo alla piazza, ma dice quello che pensa senza temere le conseguenze. Un giocatore della Roma. Quello di cui ha bisogno la Roma stasera all’Olimpico, 11 Kolarov in campo e 11 De Rossi in tribuna. Un colore finalmente scarlatto e denso come il sangue dentro questa pellicola disperatamente opaca in cui la Roma galleggia da mesi. Le colpe dello sfascio? Anche uno sceso ieri da Marte s’è fatto un’idea precisa. Ma non è questo il momento.
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Vogliamo 11 di questi Kolarov
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Attenzione, tifosi e lettori! Ragionate con la vostra testa e con il vostro cuore, contro quelli che cercano di smuovere le vostre viscere. Lo so che di questi tempi si va più di viscere, ma non lasciatevi intossicare dal rumore fesso e analfabeta dei tribuni che schiamazzano in questa città, portandosi a casa l’illusione poverella di contare qualcosa. Le parole di Kolarov sono coraggio non sono arroganza, sono rispetto e non disprezzo, sono soprattutto lealtà, come ogni volta che un uomo antepone la dignità della propria storia al sonno tranquillo della pecora, e chiedo scusa alle pecore. Voglio dire che sono d’accordo anche sul merito. Il tifoso, a cominciare da James Pallotta, ha tutto il diritto di disgustarsi ma non quello di spiegare a Di Francesco o a chiunque come deve giocare la squadra e chi deve giocare. Il concetto di competenza, di studio deve tornare al centro delle cose, nel calcio e nella vita. Bisogna sapere prima di tutto di non sapere. A cominciare da quelli che sanno. Se io entro in un cinema a vedere un film di Tinto Brass posso anche schifare i suoi film (io non li schifo per niente, anzi), posso uscire dal cinema e vomitare, ma devo sapere che lui è un maestro nell’uso della macchina da presa. Non posso sfidare il grottesco, mettendomi a contestare i suoi movimenti di camera o le sue inquadrature. No, e se lo faccio devo sentirmi un imbecille.
Kolarov non ha insultato nessuno, tantomeno i tifosi. Anzi, li ha rispettati. Straordinario non è quello che ha detto, ma che abbia scelto di dirlo. È un ex laziale? Chi se ne frega. Tutti noi siamo stati qualcosa che smentisce quello che siamo oggi. E volete un altro esempio? Il Rino Gattuso di domenica sera, alla fine di Lazio-Milan. Un altro uomo vero, come si diceva una volta e sarebbe bene tornare a dire. Corriere dello Sport.
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