L'Olimpico ha cantato per poco meno di cinquanta minuti, fino al gol di Bale. Hanno cantato anche i tifosi che probabilmente non capiscono nulla di calcio ma l’essenza del momento, quella sì, la sanno cogliere e con i cori hanno accompagnato, sottolineandola, l’inattesa leggerezza della serata. Poi finita tra i fischi.
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L'Olimpico ha cantato per poco meno di cinquanta minuti, fino al gol di Bale. Hanno cantato anche i tifosi che probabilmente non capiscono nulla di calcio ma l’essenza del momento, quella sì, la sanno cogliere e con i cori hanno...
Per farli cantare a lungo non è servita una Roma alla Kolarov: è stata sufficiente una Viktoria Plzen alla Prochazka (potenza delle assonanze) che per giunta si chiama Roman (Herbert sarebbe stato troppo) e alla Hruska, il portiere che ha fermato il Cska nella fase più calda della partita.
La stessa Roma che nei primi tre mesi di campionato ha raccolto la metà dei punti della Juve e addirittura undici meno della sua edizione 2017-18 (peraltro con una partita in più) è agli ottavi di Champions e con un turno d’anticipo, piacevolissimo effetto del girone degli imprevisti, tutti favorevoli: il Plzen che ne aveva presi dieci tra Roma e Real è stato capace di vincere sotto la neve a Mosca dove proprio il Real ci aveva lasciato le penne e insomma è andata bene anzi benissimo così.
Centrato il primo obiettivo stagionale e celebrato insieme a Falcao e Conti, Losi e Giannini, l’ingresso di Totti nella Hall of Fame, un viaggio nel regno dell’anima, la società deve ora mostrarsi più che responsabile e guardare in faccia la realtà: si impongono alcune necessarie correzioni al mercato, poiché la squadra non è in grado di risultare competitiva sui due fronti più importanti. E, visto che è di nuovo tra le prime sedici d’Europa, deve essere messa nella condizione di giocarsela con più strumenti, coraggio e fiducia.
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