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Napoli-Shakhtar: un altro squillo all’Italia. Azzurri tra ilusión e realtà

Napoli-Shakhtar: un altro squillo all’Italia. Azzurri tra ilusión e realtà

La riflessione del giorno dopo su Napoli-Shakhtar e il futuro in Champions

Redazione

Due partite, non due tempi. I paganti (troppo pochi per lo spettacolo che regala la Champions) ieri allo stadio San Paolo hanno visto due sfide diverse sebbene con gli stessi interpreti in scena: Napoli e Shakhtar Donetsk.

La prima frazione di gioco è dominata dal calcio di Fonseca, che aveva promesso non avrebbe snaturato la sua squadra, bensì i suoi uomini avrebbero imposto ritmo e spartiti. In effetti dal centrocampo all'attacco a prevalere sul tridente azzurro e a surclassare Diawara e Zielinski è il joga bonito, che gode dei migliori estri. Se il calcio ucraino fosse maggiormente vendibile, staremmo ogni fine settimana a cercare e incontrare le magie di Fred, che in campo fa praticamente tutto. Gli mancano solo i guantoni. Quelli, invece, ha dovuto sporcarli un paio di volte almeno Pepe Reina nei primi 45', quando Maggio in particolar modo, seppure presente all'impegno e in ottimo stato di forma, non riesce a frenare le avanzate di Bernard sempre accompagnate dal terzino Ismaily. Marlos e Taison spaventano più di tutti, serviti ottimamente dai compagni della mediana, ed è con più disillusione che speranza che si rientra negli spogliatoi.

La ripresa, tuttavia, regala ai fedelissimi delle Curve azzurre lo spettacolo che a gran voce chiamavano. Avrà forse Sarri fatto un incantesimo ai suoi in quei 15' di intervallo? Questo non lo sapremo mai: lo spogliatoio è un Fight Club, non ci resta che ammettere l'evidenza. Lorenzo Insigne cambia la partita ma la cambia anche la posizione di Zielinski mentre l'inserimento di Allan è una boccata di primavera in una serata gelida. Quando l'unico napoletano in campo segna la sua rete splendida, da togliersi il cappello nel momento in cui la sua parabola tocca l'incrocio dei pali e finisce in rete, cambia la sfida. Lo ha ammesso anche Fonseca e ci sarebbe piaciuto sentire lo stesso da Ventura qualche giorno prima. Ma questa è un'altra storia, o forse nemmeno troppo. Insigne disegna e i compagni da quel momento in poi lo seguono a ruota libera. Zielinski raddoppia e Mertens triplica: lo Shakhtar diventa piccolo così come l'ego verde-oro dei rivali. Lo stadio applaude, resta accesa la luce della speranza.

Il primo Napoli, quello degli iniziali 45', sembra aver compiuto una scelta: campionato sì, Champions ni ma poi decide di appoggiare la Curva che 'sostiene e non sceglie', come recitava lo striscione. Ed è così: i grandi club non decidono, prendono parte e proseguono. Il Napoli di Sarri non è, questo è chiaro, stato costruito per vincere la competizione ma nemmeno per snobbarla e rinunciarvi con ammissione di debolezza. La partita contro gli ucraini ha evidenziato la verità che si era già innescata nel meccanismo della critica da qualche settimana: l'infortunio di Ghoulam, quello di Milik (che non consente ricambi in avanti), gli impegni ravvicinati, l'assenza dei titolari (leggi Koulibaly ieri, ndr) sono limiti che non si valicano facilmente. La stanchezza pesa e la panchina non si allunga con la forza del pensiero. Tuttavia è ancora tempo di lottare, seppure sulla linea di confine tra Champions League ed Europa League, che forse, più consapevoli che inconsapevoli, sarebbe disputata con meno ilusión, per utilizzare un sentimento latinoamericano. Per adesso 'all'essere o non essere' non siamo costretti a rispondere: aspettiamo Rotterdam e conserviamo l'idillio perfetto della parabola d'Insigne. Quella, siamo sicuri, non può retrocede di categoria né di competizione nei ricordi di nessuno.

di Sabrina Uccello

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