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Si salvi chi può: il “mea culpa” è necessario

Si salvi chi può: il “mea culpa” è necessario

THE WINNER IS - Si salvi chi può: il "mea culpa" è necessario. Ecco la rubrica del vincitore

Claudia Vivenzio

Cari lettori di CalcioNapoli1926.it benvenuti nuovamente nella rubrica “THE WINNER IS”, quella che ha la scopo di decretare il “vincitore” della partita in base ad una serie di parametri molto variegati: quali l’intelligenza, la bravura, il carattere, la tecnica, l’etica ma ci sarà anche spazio, lì quando ci sarà poco da gioire, alla satira e all’ironia.

Questo match contro il Napoli, valido per i quarti di finali di Coppa Italia, offre in realtà grandi spunti... di critica.

CRITICA - L'etimologia della parola critica è greca ed è "kritikḗ" (téchnē) essa sta ad indicare proprio l'arte del giudicare. Non va intesa come un qualcosa di negativo ma come un qualcosa di positivo e infatti se si cerca sul dizionario si troverà la seguente definizione: "Arte o scienza di giudicare i principi del vero, del buono e del bello". C'è bisogno della classica e considdetta "critica costruittiva", quella vera, buona, bella. Gli insulti e le ingiurie contro una squadra che è al secondo posto in Campionato a +8 dalla terza risulta assurdo e anche senz'altro fuoriluogo.

CRISI - E' però certo che il Napoli è in un momento di crisi ed anche qui se si bada all'etimologia non c'è da gridare: "A lupo, a lupo!". Il termine deriva dal greco "krino" e significa precisamente "separare". Nell'uso comune ha assunto un'accezione negativa in quanto vuole significare un peggioramento di una situazione ma riflettendo sull'etimologia, si può cogliere l'aspetto positivo, in quanto un momento di crisi cioè di riflessione, di valutazione, di discernimento, può trasformarsi nel presupposto necessario per un miglioramento, per una rinascita, per un rifiorire prossimo.

NAPOLI - E dopo queste premesse bisogna valutare sul campo e questo ci dice che gli azzurri non sono mai scesi su quell'erba. Tutti hanno sbagliato qualcosa. C'è chi ha errato di più e chi di meno. Ma ciò che sembrano errori dei singoli nascondono in realtà errori grossolani di reparto, di squadra, di gruppo. In effetti Maksimovic regala due gol a Piatek, il cecchino che non aspetta altro, colui che non perdona. Anche sul secondo gol quando le colpe maggiori sembrano ricadere su Kalidou Koulibaly è sempre il serbo a servirgli "l'assist dell'errore". Nikola vedere il rossonero scendere sulla fascia e anziché stringere si allarga e si accentra in area: lì dove non c'era nessuno. Così il 26 del Napoli corre ai riparti e va sul giocatore del Milan ma qui compie lui l'erroraccio: gli permette di portarsela sul proprio piede, gli dà uno spazio immenso, non gli chiude né visuale né lo ostacola e per l'ex Genoa è fin troppo semplice, è un 2-0 già scritto.

CARATTERE - E' lì dove non si tratta di errori dei singoli entra in gioco la collettività. E' l'intera squadra ad aver mostrato mollezza di gamba ma specialmente d'animo. Gli azzurri non ce l'hanno fatta, ma prima che ancora sul campo, nella mente.

SI SALVI CHI PUO' - Sono davvero pochissimi quelli che sono potuti rientrare nello spogliatoio con un minimo di coscienza pulita, con la consapevolezza di aver dato ciò che potevano. Tra questi c'è Malcuit, il terzino ha difeso bene ed anche in fase di spinta ha sempre cercato di fare la differenza. Tante le sue sovrapposizioni, i suoi scambi, i suoi cross puliti ma se gli attaccanti vengono meno (insieme a tutta la squadra) è un lavoro inutile, a senso unico. Ma mantenere Laxalt di certo non era un compito facile, poter essere più veloce dell'uruguaiano con la palla mentre lui era senza, non è affatto cosa da poco. Il francese può ritenersi quantomeno salvo dalla carneficina che l'opinione pubblica e la stampa ha fatto degli azzurri, Ancelotti compreso. Stesso discorso per Ounas che cerca di spezzare la partita, tenta di voler cambiare le cose. Ha guizzi, è vivo, si muove tra le linee e non; senza palla è colui che si muove di più (così come Insigne ma completamente a vuoto). L'algerino spacca la partita sì, ma è come un pugno contro un muro: frattura dei cinque metacarpi.

La colpa in realtà dunque è di tutti e di nessuno in particolare. Ciò che servirebbe è un "mea culpa" collettivo: è l'unica via di salvezza, l'unica strada tracciabile per poter rivedere la luce infondo al tunnel. E così come si è caduti tutti a terra serve necessariamente, prendersi tutti per mano e rialzarsi insieme, come un gruppo.

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