Serata da incubo, serata da dimenticare, serata da berci su 4-5 vodka. Il giro è offerto dai tifosi azzurri per Mario Rui. Qualcuno gli offrirebbe anche qualcos’altro. Ma d’altronde per i napoletani diventa difficile poter difendere chi però - a loro detta - non sa difendere (nonostante sia il suo mestiere).
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Mario Rui diventa Magikarp dei Pokémon: un vero pesce fuor d’acqua!
Mario Rui diventa Magikarp dei Pokémon: un vero pesce fuor d'acqua! Il termine più giusto è: inadeguato
Il portoghese contro il Liverpool ha visto soltanto i nomi dietro le casacche dei Reds: era sempre dietro. Sempre in affanno, in apnea. Sembrava messo in scesa il terribile teatro della limitatezza dell’essere umano. Il punto inarrivabile, irraggiungibile di ogni uomo. Ognuno ha dei limiti, è certo, ma che un terzino venga così annichilito risulta una botta pesante per tifosi e calciatore.
Fa fatica in ogni fase Mario Rui, in fase di costruzione sembra abbia la paura costante come un po’ tutto il Napoli: prende la palla, la smista al primo compagno che vede e si defila, pauroso, intimorito. La fase di non possesso invece risulta ancora peggiore: Salah lo tormenterà nelle notti gelide che verranno e per tempo dovrà ricordare che lui, l’egiziano, non l’ha mai visto. L’ha sempre perso, perennemente in ritardo, con una spallata era buttato via. Con un controllo era fatto fuori. In velocità è sembrato imbarazzante. Sembrerebbe che non ci sia termine più appropriato del termine stesso in negativo: inappropriato. Inadeguato.
Mario Rui in una notte di Champions League che, in realtà avrebbe dovuto rappresentare il trionfo di un Napoli straripante nella competizione, viene a conoscenza dei propri limiti. Capisce la frase: “Vorrei ma non posso”. In una serata di stelle da guardare in cielo si ritrova a guardare per terra, il campo. Per sua sfortuna la sua decadenza e la sua inadeguatezza sono state ben fotografate, fissate, stilizzate. Tale foto è ormai già saldata e inchiodata nelle menti di tutti i suoi - probabilmente "ex" - tifosi.
Sarà ricordato così, come il capolavoro di Caravaggio come San Pietro crocifisso, a testa in giù. Ma questi richiami per descrivere il momento topico del terzino, sono troppo altisonanti. Il numero 6 a dire il vero, non ha nulla a che vedere con Pietro, con il discepolo “prediletto” di Cristo. Mario Rui non ha affatto custodito le chiavi del Paradiso oppure le ha custodite, ma per gli avversari, aprendo le porte celesti non appena vedeva Salah, ogni volta.
Mario Rui più che il dipinto di Caravaggio, è sembrato un vero e proprio pesce fuor d’acqua. D’improvviso si è trasformato in un pesce, senza acqua ma con l’erba. Un pesce che si è buttato a capofitto sul campo: che scena barbina, che misurabilità a vedere tale figura. Mario Rui tutto d’un tratto è diventato il Magikarp dei Pokémon.
di Claudia Vivenzio
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