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Lettera a Sarri: “A Napoli piangi due volte, quando arrivi e quando vai via”

Lettera a Sarri: “A Napoli piangi due volte, quando arrivi e quando vai via”

Lettera a Sarri: "A Napoli piangi due volte, quando arrivi e quando vai via". Ecco la lettera al nostro ormai ex mister

Redazione

Caro Maurizio,

quante parole ci sarebbero da dire. L’emozione in determinati casi tradisce e le parole, che vengono portate via dal vento, risultato sempre poco aderenti ai sentimenti. Sembra sempre che ci sia uno scarto tra la parola ed il sentimento, che non bastino mai.

“O capitano, mio capitano!” così recitava il celeberrimo film de “L’attimo fuggente” e nel medesimo modo è fuggito anche quest’attimo, il nostro attimo. Questa stella cometa è giunta al termine e scende per disperdersi nell’aere, nello stesso modo tu, stella cometa, hai brillato ed hai fatto brillare tante stelle azzurre e mai si perderà la materia di quelle stelle così lucenti e preziose. La legge della conservazione di massa di Lavoisier analizza come la materia, in questo caso una materia misteriosa, simile ad un diamante azzurro e puro, non si crea né si distrugge ma si trasforma. Caro capitano mio sai come questa materia raffinatissima l’hai però creata tu, andando contro ogni legge fisica. Come il miglior fabbro hai forgiato pezzi unici ed irripetibili, è però vero che nulla si distrugge: il tuo minuzioso, a tratti ossessivo e maniacale lavoro, mai andrà perduto. La tua cura per i dettagli, il tuo ostinato operato, ha creato dei manufatti realizzati con amore e sudore e mai si perderà, mai sarà stato vano tutto ciò.

Il nostro tempo non è più Maurizio, qualcuno ha deciso così. Si parla di ciclo finito, di attriti, di ingaggi, di vittorie, di scudetti ma a noi, te compreso, non è mai interessato nulla di questi paroloni degli uomini in giacca e cravatta.

Altro non siamo che tanti semplici tifosi che diventavano bambini insieme a te, a guardare il tuo calcio, il tuo gioco, il tuo spettacolo che ogni settimana mettevi in scena. Noi siamo per la tuta blu e lasciamo i paroloni agli altri, abbiamo sempre preferito il cuore azzurro a questi “affari dei grandi”, perché sì, caro Maurizio, ci hai fatto sentire tutti bambini. Ci hai dato emozioni che soltanto da bambini abbiamo provato così forti ed intense; hai unito giovani, adulti, anziani, spagnoli, francesi, inglesi, hai riunito un mondo intero: tutti catalizzati e captati da quei tuoi fantomatici 33 schemi, quelle linee perfette, quel tiki-taka. Ti hanno paragonato a molti ma per noi altro non eri che il nostro Maurizio Sarri e di paragoni non ne hai mai avuti, perché sei così diverso dagli altri. Non hai di certo la parlantina, né tantomeno la diplomazia che caratterizza buona fetta del mondo calcistico, tu eri un uomo genuino e buono che diceva tutto quello che pensava senza mezze misure, senza importarsene e qualche scivolone l’hai preso anche tu, come tutti noi d’altronde. Non eri altro che un uomo del popolo con il cuore napoletano più di tutti e sempre sei stato il paladino di questo popolo ingiustamente mortificato, umiliato, bullizzato e discriminato. Ogni accusa la sentivi come fosse tua, ci hai sempre difesi e mai dimenticheremo i tuoi richiami agli arbitri per i cori contro l’ormai tuo popolo. Ci hai difesi a spada tratta, perché infondo eravamo uguali. Hai dato luogo ad una rivincita, alla rivoluzione di un popolo intero, che si sveglia dopo anni ed anni di derisioni, con il tuo “sarrismo” hai rivoluzionato il calcio ma anche i cuori. Quanti pianti, quanti infarti mancati, quante voci abbiamo perso urlando nel vedere la tua rivoluzione attuata settimana in settimana, anno dopo anno.

Saprai benissimo che si dice che a Napoli si piange due volte: allo stesso modo abbiamo pianto noi, quando sei arrivato, accolto dalla diffidenza. Un uomo che arrivava dalla panchina dell’Empoli che avrebbe dovuto rimpiazzare il blasonato Rafa Benitez, le prime partite non furono neanche da ricordare e quindi si gridò già “al lupo, al lupo”. Ma sono passati ben 3 anni caro capitano mio e così come abbiamo pianto prima, piangiamo adesso e sono lacrime ben più amare, fatte di sale e sangue. Quanta sofferenza caro Maurizio, ancora non ci si crede che mai più ti vedremo con la tua tuta, con quel mozzicone in bocca e quegli occhialetti che tiravi su quando eri troppo nervoso (un po’ sempre): quanto cuore, quanta passione in quei gesti.

E vogliamo ricordarti così: con uno stadio intero che ti acclama, che urla a gran voce il tuo nome, che ti chiede di restare e tu invece eri già consapevole, come un padre che sa dovrà partire per il fronte e mai più tornerà ma ugualmente abbraccia il figlio che gli sorride con la speranza nel petto. Ti sei inchinato come il più grande gladiatore al termine del proprio spettacolo e chissà cosa avrai pensato in quei secondi quando ti chinavi e chiudevi gli occhi caro Maurizio, quanta sofferenza ed amore ci sarà stato in quel gesto, il cuore che si stringe. Il gladiatore si è poi alzato, ha asciugato le proprie lacrime ed ha guardato l’intera arena negli occhi con sguardo fiero: cala il sipario capitano mio.

REDAZIONE - Claudia Vivenzio.

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