Kalidou Koulibaly, un nome che oggi comincia a risuonare nei migliori palcoscenici d'Europa. La grande Champions League disputata dal Napoli (terminata sfortunatamente al terzo posto nonostante gli azzurri abbiano perso soltanto una gara e di misura) ha acceso i riflettori su un calciatore cresciuto esponenzialmente negli ultimi anni. Il senegalese è tra i più forti difensori centrali al mondo a soltanto 27 anni: l'età è della sua, l'esperienza non è un problema. Napoli gli ha dato un'opportunità, Kalidou l'ha colta in maniera egregia: chiedere ad attaccanti come Firmino, Salah, Neymar e Mbappé... Nessuno nel girone europeo è riuscito a saltare il gigante azzurro, provvidenziale a più riprese con entrate talvolta spettacolari e recuperi impressionanti.
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Koulibaly da Sarri ad Ancelotti: l’evoluzione di un difensore totale
Napoli, l'evoluzione di Kalidou Koulibaly da Sarri ad Ancelotti: un percorso lungo tutta la sua avventura in maglia azzurra
Koulibaly presto rinnoverà con il club partenopeo, le cifre saranno di quelle mai viste: 8-10 milioni d'ingaggio, divenendo così il calciatore più pagato dell'era De Laurentiis. Un traguardo meritato, frutto soltanto del duro lavoro e del sacrificio. Ne ha fatta di strada questo ragazzo da quando il 19 maggio 2014 il Napoli decise di acquistarlo dal Genk. Allora non era certo il fenomeno nel mirino delle maggiori big europee: all'aeroporto di Capodichino in pochissimi erano ad aspettare un difensore praticamente sconosciuto e in arrivo da un campionato di seconda fascia.
Rafa Benitez lo portò in azzurro, ma il senegalese spesso commetteva errori a causa dell'inesperienza. Errori che gli costarono il posto al fianco di Raul Albiol, che l'allenatore spagnolo affidò invece a Britos. La qualità di quel Napoli era ancora disomogenea: i campioni ex Real Madrid convivevano con buoni calciatori e con elementi ormai affermatisi in Italia.
Il gruppo azzurro è nato allora, ma per Koulibaly la svolta arriva nella stagione 2015/2016. Maurizio Sarri non rinuncia mai a lui. Ecco dunque che comincia il vero processo di crescita: la tattica del Mister in tuta gli permette di affinare le sue qualità difensive, fino a diventare una certezza difensiva ed essere inserito nella squadra dell'anno eletta dall'AIC. Il culmine del triennio sarriano resterà quel gol allo Juventus Stadium, capace di regalare la prima vittoria a Torino nel nuovo stadio. Soprattutto quella vittoria galvanizzò i calciatori: lo scudetto si poteva vincere, era quasi fatta. Il titolo non arrivò a causa dell'albergo come disse Sarri in un'intervista, ma la verità è piuttosto che quella formazione non aveva la giusta maturità.
La giusta maturità è arrivata a Napoli soltanto pochi mesi dopo, portata in dote da uno dei migliori allenatori al mondo. Carlo Ancelotti in azzurro sembrava impossibile, si dava poco conto alle voci nelle fasi iniziali. C'è stato chi ha scommesso "Se Ancelotti va a Napoli, vado da Torino a Napoli in bicicletta". La promessa non è stata mantenuta, ma poco conta. L'uomo delle Champions League ha dimostrato fin da subito la diversa anima da dare ai suoi: le rimonte contro Lazio e Milan nelle prime gare di campionato, una Champions League disputata ad altissimi livelli battendo i vice campioni d'Europa del Liverpool al San Paolo. Questo allenatore ha folgorato Koulibaly, che in un'intervista post partita si lasciò andare quasi commosso: "Il mister è un esempio, dico sempre a mia moglie che un giorno voglio essere come lui". L'uomo prima dell'allenatore, Kalidou ha capito chi aveva di fronte e sta apprendendo tutto il possibile da un uomo con tre Champions in bacheca. L'umiltà è la chiave di tutto, il gigante buono non si è mai montato la testa né ha mai alzato la voce con la società o nello spogliatoio contro altri compagni.
L'esperienza di Ancelotti ha levigato le sue doti: il difensore azzurro non commette più alcun errore, inamovibile al centro della retroguardia partenopea. Tre allenatori si sono succeduti in questi suoi primi anni napoletani, ma un altro maestro l'ha affiancato fin dal primo giorno: Raul Albiol. Il centrale spagnolo gli ha dato modo di crescere al suo fianco, esperienza da vendere in campo internazionale e la sicurezza che ci sia qualcuno a rimediare ad un tuo eventuale errore. Kalidou è cresciuto in una piazza difficile come Napoli, non sentendo la pressione ma conquistando il pubblico. I tifosi si schierarono tutti dalla sua parte quando fu vittima di ululati razzisti, la successiva gara al San Paolo tutti indossavano una maschera per dire "Io sono Kalidou".
Koulibaly non ha sbavature in copertura, frequentemente anzi parte palla al piede nella metà campo avversaria ad impostare l'azione. Un difensore espressione del calcio moderno, un difensore totale.
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