Niente da fare: anche la via della qualità, anche l’opzione tecnica, producono ancora al massimo illusioni in casa azzurra, a secco di vittorie da un anno, al netto del successo sull’Arabia Saudita nel giorno del debutto manciniano. E con questo spirito agrodolce domenica a Chorzow, in Polonia, ci giocheremo la Nations League, torneo ambiguo ma in questo momento di ricostruzione, insidioso. Alzare l’asticella da parte di Mancini è servito solo in parte alla sua Nazionale, ancora acerba nella valutazione di sé. Però almeno viva, soprattutto nel primo tempo. Una squadra d’ispirazione quasi sarriana, con il tridente Bernardeschi-Insigne-Chiesa in avanti, prodotto delle migliori indicazioni del campionato, è riuscita a mettere il muso avanti all’Ucraina di Sheva giusto il tempo dell’abbraccio a Berna, uscito subito dopo il gol per un problema muscolare. Era l’inizio della ripresa, dove la Nazionale era arrivata producendo anche buone cose, più con il deb Barella che col rientrante Verratti, in uno sforzo rivelatosi però molto alto e pagato poi quasi subito per via di un avversario meno blasonato ma già ripartito sul piano mentale, dopo aver perso la Russia. Ci ha pensato Malinovskyi prima a pareggiare poi a spaventare gli azzurri, colpendo una traversa.
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